"Gira voce che sei del fascio": Dante scatena l'Inferno
«Lasciate ogni speranza, voi che entrate», perché... «è finita la pacchia». Non ci credete? Peggio per voi: «Io sono Dante! Sono un poeta! Sono italiano! Sono cristiano!», e quando l’Italia chiama, rispondo: «Camerata Dante, Presente». E c’è poco da scherzare, perché questa non è una Commedia, è la parola del Sommo Poeta che dal Paradiso dei social risponde divinamente alle affermazioni del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, secondo il quale Alighieri non solo sarebbe il fondatore della nostra lingua, ma anche della cultura di destra italiana.
Apriti cielo. Anzi, apriti Instagram, Facebook e Twitter, specie se vuoi entrare nel girone infernale (o paradisiaco) più divertente che ci sia, quello fantasioso degli “italiani popolo di santi, poeti, navigatori” e leoni da tastiera. C’era da aspettarselo: affermazioni simili non passano inosservate a illustri politici, pensatori e dantisti, figuriamoci al popolo dei social che da giorni non smette di produrre battute, meme e sfottò sul governo e sfornare fotomontaggi sulla testa di Mussolini. Puntuale è arrivato anche Osho, il re della satira, con un divertente ritratto di Dante in cui gli viene chiesto: «Gira voce che sei fascio»: su Twitter esprime al sommo poeta anche tutta la sua solidarietà per la «scritta apparsa sui muri della casa natale fiorentina» in cui si legge “Fascio okkio al cranio”: #DanteAlighieri per le ignobili scritte apparse sul muro della sua casa a Firenze. La sinistra condanni. Ma forse si esagera come sempre, perché sappiamo tutti che in fondo «Dante ha fatto anche cose buone» e se questo a qualcuno non va giù, può sempre sostituire l’«Olio Dante» con quello di ricino.
E fin qui si scherza. A prendere sul serio le reazioni è stato invece lo stesso ministro Sangiuliano che in una lettera al Corriere della Sera ieri spiegava che la sua frase su Dante è una «provocazione» che ha un fondamento ben preciso di cui c’è traccia nel monumentale volume Croce e Gentile con il richiamo del professor Enrico Ghidetti al Dante «epicentro ideologico della trattazione del principio di nazionalità». Ma soprattutto a definire Dante di destra prima di lui era stato Umberto Eco, senza che nessuno, va detto, si sognasse di sbeffeggiarlo.
Sul caso non ha voglia di sorvolare Fabio Sbaraglia , assessore alla Cultura di Ravenna, città dove Dante è morto in esilio, che affida a Facebook una lunga riflessione: «Sono convinto che una delle tentazioni più forti in cui si può inciampare nel confronto con la storia, che sia attraverso il racconto storico, o le opere che nel suo corso l’arte ha prodotto, sia di leggerla attraverso le lenti del presente. È una tentazione perché spesso siamo davanti a qualcosa di talmente imponente e assoluto che supera la dimensione del tempo. Ma ogni opera, ogni evento, ogni pensiero è inscindibilmente figlio innanzitutto del proprio tempo, ogni attimo della storia o dell’arte sono stati contemporanei: sono nati nella loro contemporaneità e per la loro contemporaneità. Qualsiasi lettura non può che partire da qui e la più grande violenza che si possa fare loro è quella di trascinarle fuori dall’(ormai proprio) assoluto per piegarle alle misere logiche dell’oggi. Noi ravennati abbiamo la fortuna di poterci confrontare da secoli con l’eredità di Dante, della sua opera e del suo pensiero, e conosciamo l’enorme portata delle sue parole, la loro forza che risuona intatta ancora oggi. A Ravenna abbiamo toccato con mano, soprattutto in occasione delle celebrazioni del settimo centenario dantesco, la loro potenza trascinante, la loro capacità di ispirare. Credo che non ci sia nulla di più irrispettoso e grottesco che appuntargli goffamente al petto stravaganti spille di partito. Se l’attuale ministro della Cultura avesse fatto visita a Ravenna nei mesi delle celebrazioni avrebbe sicuramente trovato infinite occasioni per capire come sviluppare un dialogo tra Dante e l’oggi senza cadere nel paradossale».
Ma il punto è: siamo davvero così poco illuminati da etichettare il pensiero di un uomo del Trecento a destra o a sinistra? Se Dante ci sentisse, forse ci manderebbe all’Inferno.