Dalle Foreste Casentinesi la lezione “sul campo” della mancata alluvione
«La terra si preserva con un’adeguata legge contro il consumo indiscriminato di suolo, attesa ormai da un decennio, ma anche cambiando metodi per conservare delicati equilibri. Questo porta i Consorzi di bonifica ad intervenire sull’habitat fluviale con estrema attenzione e delicatezza soprattutto nelle cornici naturali più preziose». Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi (Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue), presenta così l’intesa operativa per le Foreste Casentinesi fra Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno, Carabinieri forestali e l’Ente Parco locale.
Una partnership che punta a una valutazione congiunta delle possibili criticità idrauliche e su interventi ragionati e non invasivi, decidendo quali materiali legnosi, in genere caduti naturalmente, debbano essere prelevati per evitare che impediscano il regolare deflusso delle acque. L’obiettivo, insomma, è individuare il punto di equilibrio e il corretto bilanciamento tra intervento dell’uomo e libero sviluppo dell’ambiente. «Via solo tronchi e rami caduti, che potrebbero ostruire gli alvei; gli altri restano al loro posto e continuano a far parte del complesso e ricco ecosistema fluviale - precisa Serena Stefani, presidente del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno -. La manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua qui si fa ancora più gentile, perché l’impatto sugli ecosistemi deve essere ridotto al minimo, soprattutto nelle aree meno antropizzate». «La nostra attività all’interno del Parco e della Riserva Biogenetica di Camaldoli si svolge tenendo conto della particolare ricchezza ambientale in cui operiamo» chiosa Enrico Righeschi, ingegnere dell’ente consorziale. Si tratta di uno scrupoloso lavoro di analisi: ogni pianta è un piccolo “tesoro” e ha un posto preciso all’interno dello “scrigno verde”, che si allunga tra Toscana ed Emilia-Romagna.
«La priorità è la conservazione degli ecosistemi - aggiunge il tenente colonnello dei Carabinieri Forestali, Stefano Ignesti -. Con l’invecchiamento del bosco e lo sviluppo di strutture più naturali dell’ecosistema forestale, la necessità di manutenzione progressivamente diminuisce. All’interno del Parco, dove la mano dell’uomo lavora da millenni, ci sono diverse opere idrauliche: un’azione di monitoraggio è necessaria per vedere se queste opere svolgono ancora la loro funzione oppure sono state sostituite dalla naturale azione protettiva della foresta». «La nostra filosofia è di intervenire solo nei punti in cui si riscontra un’effettiva necessità: per il resto manteniamo la natura al massimo della sua conservazione, lasciando al corso d’acqua la sua capacità di autoregimazione», precisa Alessandro Fani, tecnico dell’Ente Parco Foreste Casentinesi. Esemplare è quanto accaduto un anno fa in occasione degli eventi meteo, che hanno causato la disastrosa alluvione di Romagna: il territorio toscano delle Foreste Casentinesi ha risposto in maniera adeguata, le opere di regimazione hanno retto e la dinamica fluviale ha mantenuto intatti gli ambiti naturali. Una prova di resistenza importante che non deve però distrarre dalla necessità di lavorare con costanza sulla prevenzione.