L’allarme smog è tangibile in pianura padana e la Romagna non fa eccezione. Anche se i valori delle tre province sono inferiori a quelli delle città emiliane, la concentrazione di inquinanti resta superiore a quella raccomandata dall’Oms. Il rapporto Legambiente “Mal’Aria” prende in considerazione i valori medi rilevati nel 2021 in particolare riguardo a tre inquinanti: le polveri sottili (Pm10), quelle ultrasottili (Pm2,5) e il biossido d’azoto (No2). L’Organizzazione mondiale della sanità indica una media giornaliera massima di 15 microgrammi per metro cubo per il Pm10, di 5 microgrammi per il Pm2.5 e di 10 microgrammi per l’No2.
I valori romagnoli
In tutte le città romagnole la situazione è molto diversa e lontana dai valori ideali. A Rimini le polveri sottili si sono attestate nel 2021 attorno ad una media di 27, stesso valore per il biossido di azoto. Le polveri ultrasottili hanno fatto segnare alle centraline una media di 15 microgrammi su metro cubo, addirittura il triplo del valore considerato sano dall’Oms. Numeri simili a Ravenna: le Pm10 si sono attestate a quota 25 microgrammi su metro cubo, le Pm2,5 a 15 e il biossido di azoto a 23. Forlì-Cesena è la città in cui l’aria è più pulita, almeno facendo il confronto con il resto della regione: la provincia nel 2021 ha registrato una media di 23 microgrammi su metrocubo per Pm10 e azoto e di 13 per le pm 2,5. Anche nel Forlivese quindi non c’è molto da stare allegri.
Futuro grigio
«Sicuramente – scrive Legambiente – l’anno appena iniziato non promette bene, dato che dal 18 gennaio tutta la regione, si sono viste costrette ad applicare le misure emergenziali previste per lo sforamento dei limiti delle Pm10; misure che sono terminate solo il 1 Febbraio, grazie alle previsioni di vento forte». Per il valore Pm 2,5, invece, quella che desta maggiori preoccupazioni dal punto di vista della salute, l’obiettivo di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è del 61%. Si tratta di «una situazione complessa», sottolinea l’associazione. Spesso infatti si dimentica che non è solo il traffico ad essere direttamente legato all’inquinamento. Un ruolo importante, ricorda Legambiente, lo giocano anche gli allevamenti intensivi: «Insieme all’utilizzo delle deiezioni, secondo Ispra contribuiscono per il 94% delle emissioni di ammoniaca: inquinante primario precursore del particolato». Anche per le Pm 10 il ragionamento è analogo: a contribuire alla loro diffusione in aria sono soprattutto gli impianti di riscaldamento domestici. Per cominciare quanto meno ad affrontare la questione Legambiente ha lanciato la campagna di raccolta firme “Ci siamo rotti i polmoni” per chiedere soluzioni al governo.