Truffa sul pedigree del bouledogue francese. Allevatori condannati a Ravenna
Pensavano di avere comprato un cucciolo di razza, certificato con regolare pedigree rilasciato dall’Ente Nazionale Cinofilia Italiana. Un Bouledogue francese di nome Fidia, figlio di Liquerizia e Totò, a loro volta registrati all’Enci per far nascere un impeccabile purosangue dal notevole valore commerciale. Ma al di là del prezzo, quel batuffolo dal caratteristico muso schiacciato era diventato presto uno di casa, manifestando tuttavia problemi di salute pochi mesi dopo il suo arrivo. Sono state queste prime avvisaglie a scoperchiare quella che l’accusa sostiene essere una clamorosa truffa fatta di certificazioni false e microchip riciclati. Perché Fidia, non era figlio né della fattrice né dello stallone. Le prove sono arrivate con una capillare indagine che si è avvalsa pure del test del dna sulla cucciolata, i cui risultati hanno portato alla condanna dei responsabili di uno dei più noti allevamenti d’Italia: 5 mesi di reclusione per Daniela Ardigò, rappresentante per l’Emilia Romagna dell’allevamento Bresciano, e 4 mesi per il compagno della donna, Gioacchino Ferraro.
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