"Storia degli spaghetti al pomodoro", una mostra a Casa Artusi
«Ci occupiamo di cibo per parlare di altro: il Premio Artusi per ricordare la solidarietà e la vicinanza ai più deboli e una mostra che non racconta solo la storia degli spaghetti, piatto icona della cucina italiana nel mondo, ma la nostra storia costruita sull'apporto di diverse culture e quindi la definizione di un’ identità che ha in sé un valore primario: la diversità». Laila Tentoni, presidente di Casa Artusi lega i due momenti cruciali del sabato forlimpopolese nella Giornata internazionale dell’alimentazione. A Forlimpopoli cibo fa sempre rima con cultura e il messaggio passa ancora una volta per l’arte visuale. Sempre sabato prossimo, infatti, inaugura a Casa Artusi la mostra ideata e curata dal libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig sulla “Storia illustrata degli spaghetti al pomodoro”. Allestita negli spazi della Chiesa dei Servi, l’esposizione resterà visibile fino al 22 novembre. Si intrecciano due Giornate internazionali importanti a cavallo delle prossime due settimane, il 16 ottobre è la Giornata mondiale dell’alimentazione, mentre il 25 ottobre sarà la Giornata mondiale della pasta, e gli spaghetti hanno certo un ruolo primario nelle consuetudini quanto nell’immaginario mondiale di questo alimento. L’insolita mostra forlimpopolese nasce da un libro, “Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro”, irrinunciabile saggio per ogni gastronomo o studioso di alimentazione e storia del cibo pubblicato nel 2019 dal professore Massimo Montanari, che presiede il comitato scientifico di Casa Artusi stessa. «La bravura dell’autore – come scrive il curatore della mostra – sta nell’aver condensato in cento pagine colte e insieme piacevoli la lunga nel tempo ed estesa nello spazio vicenda del piatto italiano per eccellenza. Nei capitoletti in cui si snoda il racconto c’è tutto: la Mesopotamia, la cultura gastronomica greca e romana, gli arabi, la pasta fresca e quella secca, Marco Polo e la Cina (si spiega che non c’entrano con quella storia), la Sicilia dei “mangiamaccheroni” che passa il testimone a Napoli, le mani e la forchetta, la scoperta del pomodoro in Messico e il pomodoro in salsa spagnola, il “pepe d’India” o peperoncino, il burro e l’olio d’oliva, l’aglio e la cipolla, il basilico. Non poteva mancare il ripetuto omaggio a Pellegrino Artusi, il primo ad inserire nel suo celebre ricettario ben dieci ricette per condire gli spaghetti, allora considerati una specialità napoletana e divenuti poi simbolo della cucina italiana». Gli spaghetti raccontatati da Massimo Montanari non sono “solo” gastronomia, si intrecciano alla storia, all’economia e alla società. E soprattutto sono uno strumento dell’esperienza quotidiana condivisa utile per allargare lo sguardo, riconoscere come un piatto come questo si sia strutturato attraverso la confluenza di differenti culture e che quindi dimostra come l’identità sia un melting pot complesso che non coincide necessariamente con il concetto di origine.
Il passaggio dal libro alla mostra è stato possibile grazie all’intervento di un artista all’altezza: Luciano Ragozzino attraverso la tecnica dell’acquerello. Il risultato sono diciotto tavole ironiche e puntuali nel fare da contrappunto grafico ai testi. Ci sono gli spaghetti che avvolgono l’Italia fondendosi con la sua geografia; Pulcinella che con una mano porta alla bocca gli spaghetti e con l’altra li arrotola nella forchetta, sintesi visiva del duplice modo di mangiarli; le nozze tra il pomodoro e il peperoncino arrivati dall’America; il pesce d’aprile 1957 della Bbc che annunciava agli inglesi l’ottimo raccolto degli alberi di spaghetti nella valle del Po, Artusi che dirige un’orchestra immaginaria di cuochi, convitati, cultori del “bello e del buono”, pasta compresa. Le ampie “didascalie” sono dello stesso Massimo Montanari.