C’è Michele Pirro tra i segreti delle 100 vittorie della Ducati in MotoGp: «Piloti, tecnici, moto: vi racconto i miei 12 anni al servizio della Rossa»

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/  MotoGP Misano

La Ducati delle 100 vittorie in MotoGp ha il volto raggiante di Michele Pirro. Domenica è stato il collaudatore della Rossa a rappresentare il team nella premiazione per la vittoria di Enea: il 100° trionfo ducatista in categoria. Per il 38enne pugliese, residente da quasi 25 anni a Cesena, un riconoscimento importante e un solo rammarico: «Non aver visto tornare Valentino Rossi sulla nostra moto quando era competitiva. Gli avevo chiesto di provarla a fine carriera».

Com’è stato essere sul podio domenica?

«È stato un grande regalo di Ducati. Credo sia il riconoscimento del lavoro svolto a partire dal 2012. I successi, tolti quelli di Stoner, Capirossi e Bayliss, sono arrivati dal 2016, con Dovizioso, Iannone, Lorenzo, Petrucci, Miller, Bagnaia, Zarco, Bastianini, Bezzecchi, Martin e Marc Marquez. Mi ha fatto strano essere premiato senza indossare la tuta, bellissimo sentire il pubblico applaudirmi e urlare il mio nome».

Bello anche essere sul podio con Enea?

«Mi sono reso conto che poteva farcela già al mattino: di solito fatica a svegliarsi, ma alle 8.40 aveva fatto il miglior crono nel warm up. Mi son detto che poteva essere il suo giorno. L’ho visto crescere e siamo amici. Peccato l’infortunio dello scorso anno che gli ha impedito anche di allenarsi: in questa MotoGp se perdi 0”3 al giro finisci lontano dai primi. Enea si meritava questa soddisfazione. Bello anche che a vincere sia stato il 23, che era anche il numero di Luca Salvadori. L’unica cosa che è mancata per essere un giorno perfetto è stato Pecco sul podio».

Lei è arrivato in Ducati nel 2012: sono cambiate parecchie cose?

«Ricordo che era una moto “bestiale” con un’enorme potenza e problemi di tenuta all’anteriore: non sapevi se avrebbe tenuto l’aderenza in curva. Sono tornato a casa dopo il primo test con le stigmate come Padre Pio (Michele è originario di San Giovanni Rotondo, ndr). In pratica ho guidato tutte le Ducati fino ad ora, non solo le MotoGp, ma anche le Panigale V2, le varie V4 e persino la MotoE e ora contribuirò a preparare la MotoGP del 2027 (quando entrerà in vigore il nuovo regolamente che impone il cambio di cilindrata e il divieto di ali e di abbassatori, ndr)».

A quali moto è legato di più?

«Alla Gp 15, la prima della rivoluzione di Gigi Dall’Igna. Poi alla Panigale V2, con cui ho vinto tanto nel tricolore, e alla V4 iridata con Bautista. Anche la MotoE, che provai in un freddo 15 dicembre 2021 a Misano. Ricordo la data perché tre giorni dopo mi sono sposato con Paola Ricucci: nostra figlia Ginevra, che ha poco più di due anni e che presto avrà una sorellina, è già pazza per le moto».

Quali sono i piloti che ha aiutato di più e quelli che le hanno regalato le soddisfazioni più grandi?

«Lorenzo è quello che ho affiancato maggiormente, mentre fra le vittorie più belle quelle del 2017 di Dovi, che aveva vinto un Gp con Honda e Yamaha e ne infilò 6 contro un grande Marc Marquez. Andrea aveva cominciato con me e avevamo condiviso fatiche e delusioni. Poi il primo successo ad Aragon di Pecco, battendo Marc, e il titolo del 2022 quando Bagnaia fece una super rimonta recuperando 97 punti a Quartararo. A metà stagione ci eravamo detti: non lo vinciamo neppure quest’anno e invece...».

Quale pilota avrebbe voluto in Ducati?

«Alla fine sono arrivati tutti, anche Marc che ci aveva detto no nel 2016. Siamo passati da essere la moto che nessuno voleva a quella che vogliono tutti. L’unico rammarico resta Rossi».

Luigi Dall’Igna, l’artefice di questi successi, che persona è?

«All’inizio non ci andavo d’accordo: ero giovane e volevo correre. Lui diceva che un tester come me non lo trovava, un pilota sì. Poi abbiamo costruito un grande rapporto. Con Paolo Ciabatti e Davide Tardozzi è stata la guida verso le vittorie. Un uomo capace di individuare le persone più giuste».

L’ex tecnico forlivese Massimo Bartolini può essere il “Dall’Igna di Yamaha”?

«Sono molto amico con Massimo, fu lui a riportarmi a casa a Cesena dopo il primo test con Ducati: non tenevo il volante in mano dal male. È l’uomo che ci ha lasciati che mi preoccupa di più. È in gamba e ha visto Ducati crescere, porterà Yamaha ad alto livello. Spero ci metta un po’ di tempo. Le vittorie sono comunque arrivate anche grazie ai piloti. Vedremo cosa faranno Martin in Aprilia e Enea in Ktm: sono fortissimi».

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