Tour de France: la tappa Firenze-Rimini, gli orari del passaggio dei ciclisti e la scoperta delle meraviglie della Romagna

Dalla terra di Dante a quella di Federico Fellini, passando per la città natale di Plauto. Quello della prima tappa del Tour in Italia non è solo un viaggio di 205 chilometri e 3.800 metri di dislivello su e giù per l’Appennino tosco-romagnolo, ma anche nella storia e nella cultura del nostro paese. I personaggi che popolano la frazione fra Firenze, sede della storica Grand Départ, e Rimini, dove sarà posto lo striscione d’arrivo, sono infatti giganti nei rispettivi campi: se il Sommo Poeta è il padre della nostra lingua, Plauto è stato il principale autore del genere della commedia nell’antica Roma, mentre Fellini, col suo stile onirico e visionario e suoi 5 Oscar, è sicuramente fra i più importanti registi della storia del cinema. Lungo il cammino s’incontra poi anche un personaggio controverso e modernissimo come il conte di Cagliostro, avventuriero, alchimista, esoterista di fine ‘700, rinchiuso in quella fortezza di San Leo toccata nel finale di tappa.

Clicca qui per tutti gli orari dei passaggi in Romagna

L’ingresso in Romagna

Tappa che prenderà appunto il via da Firenze ed entrerà in Romagna dopo aver superato il primo valico di giornata, i Tre Faggi. Il confine con la Toscana è posto nella discesa lungo la verdeggiante valle del Rabbi, in prossimità di Castel dell’Alpe, piccolo borgo stretto intorno a una chiesa e una piazzetta contornata di case, ancora in parte stabilmente abitato e coi ruderi dell’imponente castello appartenuto ai Conti Guidi e alla Repubblica di Firenze. Il primo vero centro che il Tour incontrerà in Romagna è Premilcuore, immerso nel cuore del Parco delle Foreste casentinesi.

Il passo delle Forche

Passato attraverso il dominio di varie signorie, dai Conti Guidi ai Visconti di Milano, da Caterina Sforza ai Medici, il paese conserva tuttora il nucleo medioevale, dominato dai resti dell’antica Rocca. Per accedervi, si passa attraverso la merlata torre dell’orologio, detta anche Porta Fiorentina. Da Premilcuore, si continua a scendere fino a Strada San Zeno dove si gira a destra e, superato il passo delle Forche (2,5 km con pendenza media del 6,2%), si raggiunge Galeata, nella valle del Bidente. Sviluppatasi su un terrazzo fluviale al centro di una conca sovrastata da una possente rupe, la cittadina presenta architetture tipicamente toscane, con caratteristici palazzi porticati che corrono lungo le due vie storiche, via Zannetti e via IV Novembre. Da segnalare, il palazzo Pretorio, la neogotica S. Pietro in Bosco, S. Maria dei Miracoli, gioiello rinascimentale, nonché i resti della sontuosa villa attribuita a Teodorico, re dei Goti. Nel sito di Mevaniola, poco fuori il paese, si possono invece ammirare le vestigia dell’antica città romana, con terme e teatro.

Dal Carnaio a San Piero

Risalendo la valle, ecco Santa Sofia, principale centro dell’alto Bidente: per diversi secoli sotto l’influenza fiorentina, vanta la Galleria d’arte Vero Stoppioni, dove si possono ammirare numerose opere dell’artista Mattia Moreni. Qui inizia l’ascesa al passo del Carnaio, così denominato dalla sanguinosa battaglia avvenuta quando questo territorio era punto di frontiera della Repubblica di Firenze. Dal valico, poco oltre il quale s’incontra il tempietto eretto a ricordo dell’uccisione, il 25 luglio 1944, di 26 abitanti di Bagno di Romagna a seguito di una rappresaglia nazista, si scende alle porte di San Piero in Bagno, nella valle del Savio, quindi si imbocca la strada regionale 142 e si continua all’ingiù, costeggiando il lago di Quarto, bacino artificiale formatosi in seguito a una catastrofica frana che bloccò il corso del Savio. Sovrastato da una florida foresta di pino nero, il lago è di grande interesse naturalistico, con le rive ricche di canneti e giuncheti e una fauna che spazia dal germano reale al martin pescatore, dalla folaga alla gallinella d’acqua, mentre le acque sono popolate da anguille, carpe, trote e tinche.

Passaggio a Sarsina

Superato Quarto si entra a Sarsina, città natale di Tito Maccio Plauto, ritenuto il più importante commediografo dell’antica Roma, autore prolifico (gli sono state attribuite circa 130 commedie) ed esponente del genere noto come “della Palliata”. La cittadina della media valle del Savio si sviluppa intorno alla scenografica piazza intitolata proprio a Plauto, sulla quale si affaccia la Basilica concattedrale di San Vicinio, costruita in stile romanico fra X-XI secolo dove, in una cappella, si conservano le reliquie del Santo, fra cui la catena che era solito legarsi al collo per pregare Dio e scacciare il maligno, oggi utilizzata da alcuni sacerdoti per gli esorcismi. Sopra il centro abitato, sorge l’antica arena plautina, dove ancora oggi, nel periodo estivo, vengono allestite rappresentazioni teatrali.

L’attacco al Barbotto

Sempre in discesa, si raggiunge Mercato Saraceno, cittadina costruita su un insediamento del XII secolo e distribuita su tre terrazzi alluvionali, lungo la sponda sinistra del Savio. Il nome sembra derivi da Saraceno degli Onesti che organizzò qui un mercato di tale successo da rimanere l’unico della vallata anche nei secoli a venire. A Mercato, la carovana attaccherà il mitico Barbotto, salita simbolo della Nove Colli, coi suoi 5 chilometri abbondanti al 7,6% di pendenza e gli ultimi mille metri che sfiorano il 18%. Guadagnata la sella, si prosegue, con pendenze decisamente più agevoli, sino a Perticara, posta alle pendici del monte Aquilone (833 m), massiccio roccioso ricoperto da un vasto bosco di cerri, faggi, carpini e aceri. Vicino al paese, sino al 1964, era attiva la miniera di zolfo più grande d’Europa e fra le più estese del mondo, la cui memoria è oggi mantenuta in vita da “Sulphur – Museo Storico Minerario di Perticara”. Superato il paese, passando dalla piazza che, durante la Novi Colli, ospita uno dei più lauti ristori, con tanto di pasta, si volta a sinistra nella tortuosa discesa verso la Valmarecchia. Si plana così su Novafeltria, centro commerciale e industriale con alcune perle come l’Oratorio di Santa Marina, in stile romanico, o l’elegante piazza Vittorio Emanuele, dove spicca il seicentesco Palazzo dei Conti Segni, attualmente sede del Municipio. Si scende ancora fino a Secchiano poi, superato il lungo ponte sul Marecchia, la strada si inerpica verso San Leo (4,6 km al 7,7%). Sull’intera scalata incombe la rocca, che svetta su uno sperone di roccia proteso nel vuoto come una grande nave di pietra. Contesa nel Medioevo da Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi, la fortezza fu poi trasformata in carcere (1631) e accolse ospiti illustri come il conte di Cagliostro, mago e alchimista, e patrioti risorgimentali, fra cui Felice Orsini. Il nome cui il castello è più legato è però proprio quello di Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, che nel XVIII attraversò il Continente frequentando le principali corti europee dove spacciava le sue presunte cure miracolose e vaticinava imminenti rivoluzioni. Esponente di un mondo pseudoscientifico, occultistico e massonico, nel 1792 fu dichiarato colpevole di eresia e condannato a “non parlare con nessuno, non vedere nessuno, non essere visto da nessuno”. Per tale motivo venne tradotto nel castello di San Leo dove morì 4 anni più tardi. Nonostante la reclusione, riuscì a diffondere inquietanti vaticini contro il papato e, con la rivoluzione alle porte, le sue profezie assunsero tinte apocalittiche, rendendo ancora più famosa ed enigmatica la sua figura. Oltre alla rocca, San Leo, definita da Umberto Eco “La più bella città d’Italia”, vanta altre perle: Palazzo della Rovere, Palazzo Nardini, la Pieve di Santa Maria Assunta, la più antica chiesa di San Leo e dell’intero Montefeltro, con all’interno la cripta e il cosiddetto Sacello di San Leone, e il Palazzo Mediceo, tutti affacciati su piazza Dante, l’unica del borgo, al cui centro campeggia la fontana classica. Da non dimenticare poi il Duomo di San Leone, la più importante chiesa medioevale del Montefeltro, magnifica testimonianza dell’architettura romanico-longobarda, e la Torre civica, straordinario esempio di romanico, che si erge sulla medesima roccia su cui è costruito il Duomo.

Montemaggio e San Marino

La salita termina in corrispondenza dell’innesto nella provinciale, dove si volta a sinistra scendendo fino all’imbocco della penultima salita della tappa, quella di Montemaggio (4,2 km al 6,6%). Raggiunta la sommità, senza soluzione di continuità, nuova discesa e risalita a San Marino (7,1 km al 4,8%), la più antica Repubblica del mondo. Il piccolo stato indipendente, incastonato fra Romagna e Marche, è ricco di castelli, torri, monumenti e musei mentre i suoi vicoli conservano ancora la tipica atmosfera medioevale. Simbolo del Titano sono le tre torri, inconfondibili anche da lontano e unite fra loro da un sentiero denominato Passo delle Streghe, a rievocazione di antiche credenze popolari. La piazza principale è piazza della Libertà, che ospita il Palazzo Pubblico, sede del Municipio, da cui si gode una magnifica vista sulle colline del Montefeltro mentre il belvedere di Contrada del Pianello è un balcone che si affaccia sul mare e la costa.

La discesa su Rimini

E proprio in riva al mare terminerà la tappa. Guadagnata anche la vetta del Titano, infatti, il gruppo si tufferà verso il traguardo di Rimini, posto sul Lungomare Giuseppe Di Vittorio, nel tratto tra piazzale Gondar e piazzale Benedetto Croce. Meta per eccellenza delle vacanze estive, il mare a Rimini è un modo di vivere, è la scenografia dei film di Fellini, è il mito del divertimento fatto di discoteche, parchi, aperitivi, ma prima di tutto questo Rimini è stata città ambita e contesa, capitale di una signoria, quella dei Malatesta, crocevia di culture che hanno lasciato antiche e preziose testimonianze. La sua storia affonda le radici in epoca romana, come confermano l’importante sito archeologico della “Domus del Chirurgo”, l’arco d’Augusto e il ponte di Tiberio, e si sviluppa nei secoli successivi con tesori d’arte che vanno da capolavori rinascimentali quali il Tempio Malatestiano alla medioevale piazza Cavour sino a Castel Sismondo. Rimini, poi, è la città di Federico Fellini, qui nato nel 1920, cui è stato dedicato il Fellini Museum, polo museale diffuso di nuovissima concezione. E chissà che la tappa non abbia un finale felliniano, magari col successo di un manipolo di coraggiosi fuggitivi esaltati dalla durezza di un tracciato che farà sicuramente sognare.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui