Davide Cassani: “Io, romagnolo a pois, il Tour mi ha insegnato a non mollare mai”

Parafrasando, anzi scomodando, una grande artista come Mina e una delle sue canzoni più goderecce, magari pensando anche al motivetto, si potrebbe cantare così: “Una maglia a pois”... “L’ho indossata tempo fa”... “Cinque giorni al Tour de France”. Parole e musica in questo caso di Davide Cassani e di quell’avventura nel 1993 alla Grande Boucle.

Quanti Tour ha fatto e quanti ne ha portati a termine?

«Nove iniziati, sei finiti. E tutte le volte che sono arrivato a Parigi, sono stato orgoglioso, ho sempre pensato che quelle tre settimane di corsa erano infinite».

Perché il Tour de France si porta dietro 120 anni di leggenda?

«Perchè è la corsa ciclistica più importante al mondo e chi ha la fortuna di partecipare, si rende conto dal vivo di tale importanza. Per la particolare attenzione rivolta dai giornalisti di tv, radio e carta stampa di tutto il mondo, per il modo in cui la Francia e i francesi accolgono i corridori lungo le strade. Ricordo che a volte passavamo attraverso piccoli paesi che sembravano quasi disabitati, invece d’incanto ci accoglievano migliaia di persone che non so da dove sbucassero. Una delle cose più belle è l’enorme varietà di tifosi che arrivano da ogni parte del mondo, magari sfruttando anche il mese di luglio ideale per una vacanza. La passione per il ciclismo e per la propria nazione si mischiano con facilità in una corsa come il Tour e lo testimoniano le bandiere di ogni paese: da quelle italiane a quelle olandesi, dalle basche alle spagnole».

Ed eccoci al ‘93. Perchè parliamo di un Tour speciale?

«Per cinque giorni ho indossato la maglia a pois, simbolo del primato del Gran Premio della Montagna (l’unico romagnolo a indossarla, nemmeno Pantani l’ha vestita, ndr). Quando ricordo quell’avventura faccio sempre una battuta perché mi piace essere realista e obiettivo: l’ho conquistata sui cavalcavia della Bretagna e l’ho giustamente persa sulle vere montagne del Tour».

Non ricorda bene in quale tappa l’avesse presa, ma ricorda bene il giorno in cui l’ha persa.

«Penso di averla indossata in una tappa nel Nord della Francia. Cinque giorni sono andato in fuga da solo sul Colle della Bonette, mi hanno ripreso ed è cominciata una crisi madornale, sono arrivato all’ultimo posto trenta secondi prima del limite per raggiungere il tempo massimo».

Ma anche quel giorno...

«Anche quel giorno ho ricevuto un grande insegnamento: volevo finire la tappa, perché l’alternativa era mollare, ritirarsi e l’ho pensato parecchie volte lungo il percorso, Ma non potevo farlo, si trova soddisfazione quando si vince ma anche quando si superano certe prove e quando sono arrivato al traguardo mi sono detto, bravo Davide».

Dopo il giallo del Tour e il rosa del Giro, è proprio la maglia a pois quella più ricercata, forse per la sua particolarità

«Infatti sono orgoglioso di averla avuta per qualche giorno, come tutte quelle volte che hai la fortuna di indossare una maglia diversa dalla tua, il simbolo del primato di qualcosa, ti senti importante quando arrivi a firmare il foglio alla partenza. La custodisco nel cassetto nei ricordi e ogni tanto la guardo».

Passiamo all’attualità: chi vince il Tour?

«Pogacar è il grande favorito: l’ho visto al Giro, impressionante, non c’è stata storia. Al Tour sarà un po’ più complicato ma resta l’uomo da battere».

Che effetto le fa il Tour in Italia, anzi sotto casa?

«Alla vigilia del via mi sembra ancora inverosimile, invece è la realtà. Pensare che sulla Gallisterna si è svolto un Mondiale e passa il Tour de France è qualcosa di straordinario».

La tappa di Rimini si risolverà allo sprint?

«Penso di sì, ma ristretto. Sono convinto che l’ascesa a San Leo possa fare la differenza, sarà la salita spartiacque della tappa dopo Tre Faggi, Forche, Carnaio, Barbotto. San Leo è una salita lunga e impegnativa, ci sarà la selezione maggiore, mentre Montemaggio e San Marino sono più pedalabili».

L’omaggio al Pirata?

«Un giusto riconoscimento a vent’anni dalla sua scomparsa. Pantani, la sua Cesenatico, la Nove Colli, sono tutti simboli che rappresentano il ciclismo in Emilia Romagna. Come l’arrivo a Bologna, la scalata di San Luca, altro esame importante nei primi due giorni di corsa. E abbiamo la fortuna di mostrare al mondo le bellezze del nostro territorio».

Come vivrà questo Tour?

«In diretta tv».

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