“E se la smettessimo con il calcio dei furbi?” Il Rimini e le parole di Buscè affogate nel silenzio

Nel calcio fa più rumore un presidente che insulta piuttosto che un allenatore che ragiona. Così le considerazioni, anche sostanziose, di Antonio Buscè alla vigilia di Pianese-Rimini sono passate “in fanteria” come si dice da queste parti, piuttosto che generare una sana riflessione. Perché quando Buscè dice: “Le squadre che cercano di giocare a calcio spesso non vengono tutelate. Con l’Arezzo ci sono state talmente tante rotture di gioco da parte dell’avversario che non hanno permesso al Rimini di giocare. Bisogna essere bravi a tutelare le squadre che vogliono giocare a calcio, ma spesso incontriamo formazioni che fanno un altro sport. Secondo me bisognerebbe mettere la Var in Lega Pro, perché ci sono tante partite in cui giocatori commettono falli importanti”. E poi il tecnico biancorosso ha parlato di tempi e regole certe sulla ripresa del gioco in tempi rapidi dopo falli oppure dopo l’uscita del pallone dal rettangolo di gioco.

Il calcio dei furbi

Invece nulla, nessuna replica, nessun approfondimento, tutti interessati al qui ed ora, nessuno sguardo al format di un campionato che fa acqua da tutte le parti. Eppure sarebbe interesse della Lega inserire norme che tutelino il gioco, lo spettacolo, la prestazione tecnica e nel contempo ostacolino i furbetti del quartierino ed i meccanismi che portano a favorire le scorrettezze. Ad esempio, basterebbe stabilire un tempo massimo di 10-15 secondi tra l’uscita di un pallone e la ripresa del gioco, con sanzioni certe, prima un warning e poi cartellino giallo al capitano. Ad esempio stabilire nero su bianco che, in caso di infortunio, può fischiare l’interruzione solo l’arbitro e non si può buttare la palla fuori. Oppure sanzionare duramente chi, in occasione di un infortunio, lancia quei pietosi urli belluini per confondere l’arbitro e poi si riprende il gioco dopo 15 secondi. Ed infine sanzionare con la squalifica del campo il gesto più squallido, il raccattapalle che, imbeccato da un adulto, getta a seconda dei casi il pallone in tribuna invece che in campo.

Gli orari e gli stadi

Insomma, nuove regole per tutelare lo spettacolo, la gara, le emozioni di un incontro. E poi nuovo format anche sugli orari. La Lega deve poter fare a meno della copertura televisiva se questo vuol dire giocare a tutte le ore del giorno e della notte, in inverno soprattutto, e deve assicurarsi che gli stadi siano presentabili non solo per chi ci gioca o li frequenta, ma anche per chi guarda la partita da casa. Perché non è uno bello spot per il calcio di serie C giocare in stadi da parrocchia, circondati da tinelli, sale da pranzo, mansarde, signore che sbattono la tovaglia dopo pranzo, sdrai sulle terrazze come fossimo a Capri, e poi quella mancanza di spettatori che permette a di ascoltare distintamente quello che si dicono i giocatori in campo. Così manca il fascino, così manca la cartolina. Quindi tuteliamo, caro Buscè, chi fa calcio in campo, ma anche chi lo guarda sul divano.

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