Marani e una nuova idea di calcio in Italia: “Giovani e salary cap per avere un futuro”

Calcio

«In Serie A la metà dei nostri stadi risale ai Mondiali, ma non quelli del 1990, dove li abbiamo rovinati. Io intendo i Mondiali del 1934 e questo ci dà lo specchio della situazione del nostro calcio». Il presidente della Lega Pro Matteo Marani è stato ospite del Panathlon Club Cesena e tra i tanti temi toccati c’è stata anche la questione stadi di casa nostra.

“Rimini, lo stadio è un valore”

A margine della conviviale, Marani è intervenuto sul valore di uno stadio nuovo per una piazza come Rimini: «Uno stadio nuovo, bello e moderno ha un grande valore, diventa un’identità. Lo stadio non è solo un luogo fisico, ma un riconoscimento, un ritrovarsi, diventa la casa dove fare calcio. Oggi in Italia abbiamo bisogno di stadi e di centri sportivi e anche in questo senso Rimini inizia a muoversi in maniera significativa grazie alla presidente Di Salvo. Uno stadio è molto di più di uno stadio: raccoglie la storia di un club e l’auspicio che faccio a Rimini e a una società che sta lavorando bene è quello di riuscire ad arrivare a questa nuova casa».

Il calcio del futuro

Alla serata del Panathlon al ristorante Cerina c’era tanto Cesena (il dg Di Taranto, il diesse Artico, il membro del cda Agostini, il segretario Valentini). In più c’era un esponente di lusso del Ravenna come Ariedo Braida al fianco di un vecchio amico come Alberto Zaccheroni.

Nel dialogo con Lorenzo Minotti, Marani ha spiegato la sua visione del calcio del futuro: «Noi abbiamo un grande passato e un presente così così; quello che ci manca è un modello di futuro. Negli anni 80 il calcio italiano era primo al mondo: nel 1994-’95 il Milan aveva il più alto fatturato al mondo, con Juve e Inter nei primi 5 posti. Oggi nella classifica dei primi 30 club in Europa per formazione di giocatori non c’è un club italiano, con l’Atalanta al 33° posto. Solo il 5 per cento dei ragazzi usciti dai settori giovanili gioca in A: tutti segnali che ci dicono che il modello di un tempo, oggi non funziona più. Tutto quello che guadagnano le società viene speso in stipendi dei giocatori e la prospettiva ci dice che avremo un calo dei ricavi, con le tv che guardano sempre più alle competizioni europee. Ho proposto il salary cap, ovvero un tetto alle spese, perché con una finanza malata non si può fare un progetto tecnico. La Serie C deve essere sempre più il campionato dei giovani e la Serie A e la Serie B devono guardare alla C: dobbiamo rimettere in moto l’ascensore».

Le 97 società professionistiche

L’Italia ha un centinaio di squadre professionistiche tra A, B e C espressione di 97 società: è un numero che si può ancora permettere? «Questo è un falso problema, in fondo gli inglesi hanno 94 club. Quando poi si parla di tagliare le squadre, si parla sempre della Serie C, ma mi fate capire per quale motivo? Il calcio italiano perde 2 milioni di euro al giorno, in tutto sono 700 milioni all’anno. Di queste perdite, la C concorre per il 6 per cento: con due squadre di A in meno, risparmiamo di più che toglierne 40 dalla C».

Alzare il livello culturale

Marani è stato rieletto per acclamazione presidente della Lega Pro e nella copertina della cartella del suo programma c’era la foto della coreografia dei distinti del Manuzzi della scorsa stagione, quando il club di tifosi “Insieme per il Cesena” rese omaggio ai ragazzi del vivaio: «Una coreografia che rispecchia quello che deve essere la C e la mia idea di calcio. Se vogliamo davvero rilanciarci per il futuro, dobbiamo dirci le cose come stanno: dove c’è davvero carenza è nella classe dirigente, che non è preparata. Io voglio portare in Lega Pro giovani donne e giovani uomini con competenze e in assemblea ho detto ai club: “Prendete un giovane laureato in più in società e un calciatore in meno”, perché se non alziamo il livello culturale, noi non ne usciamo». Cascata finale di applausi e poi tutti a casa col piacevole miraggio che il calcio prima o poi ci offrirà davvero qualcosa di diverso.

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