Il bresciano Mangraviti e la prima volta da avversario del Brescia: «Sto facendo terapie alla caviglia perché voglio esserci a qualsiasi costo»
Una caviglia da curare e una lunga serie di emozioni da gestire. Per Massimiliano Mangraviti questa non è una settimana come tutte le altre: domenica è uscito per la prima volta in anticipo dal campo a causa di una dolorosa distorsione, che gli ha fatto saltare i primi minuti stagionali e che di conseguenza lo obbliga a un avvicinamento diverso, tra infermeria e campo, alla partita più attesa della sua stagione. Sabato al Manuzzi arriva il Brescia, la squadra del cuore del difensore, che in carriera non ha mai sfidato da ex. Lo farà per la prima volta con la maglia del Cesena.
Mangraviti, cominciamo dalla caviglia. Come procede il recupero dopo il contrattempo di domenica?
«Mi sono fatto male nel primo tempo, ho cercato di resistere fino alla fine, ma poi il dolore era troppo forte. Sto facendo tutte le terapie necessarie, perché io sabato ci voglio essere a qualsiasi costo».
Cosa ha lasciato la rocambolesca sconfitta di domenica?
«Io riparto dal nostro carattere. Una squadra che incassa il 3-2 e il 4-2 in quel modo, dopo la beffa dell’autogol iniziale, e che poi accorcia subito e segna addirittura il 4-4 ha carattere. Sono convinto che, se non avessero annullato il gol di Cristian, avremmo vinto la partita. Però mi lascia anche 5 gol sul groppone. Ne stiamo prendendo davvero troppi. Questo è un aspetto da non trascurare, ma da sottolineare, che a me non fa dormire la notte, perché in quella difesa ho sempre giocato. Dobbiamo sistemarci, perché così vanifichiamo l’ottimo lavoro che facciamo poi davanti. Non possiamo buttare via tutto così».
E’ solo una questione di poca attenzione sulle palle inattive?
«Quelle pesano, ma non è l’unico difetto da correggere. Per me è un problema collettivo, a volte siamo posizionati male e a volte ci facciamo prendere dalla voglia di segnare, lasciando troppi spazi alle ripartenze dei nostri avversari».
Sabato arriva il Brescia, la squadra della sua città, dove è cresciuto e dove si è affermato.
«Sono bresciano, mio papà mi portava a vedere gli allenamenti di Baggio e di Guardiola. Sono nato vedendo quella maglia e quei campioni a Erbusco, a due passi da Rovato, dove abitavo io. Purtroppo ero piccolo e ricordo solo immagini sfuocate, ma una cosa non l’ho mai dimenticata: il codino di Baggio. Mio papà mi diceva di guardare quel giocatore perché era un autentico fuoriclasse. Me lo sono goduto poco, ma non l’ho mai dimenticato. Poi sono cresciuto, papà mi ha portato in curva e il nuovo idolo era diventato nel frattempo l’Airone Caracciolo, che ho avuto la fortuna di avere poi come compagno».
La sua lunga storia d’amore con il Brescia ha radici profonde.
«Sì, ho fatto tutto il settore giovanile e a 17 anni sono salito in prima squadra, dove ho avuto la fortuna di esordire in B contro il Bari a 18 anni, nel Brescia di Boscaglia».
E’ vero che lei da piccolo faceva il centrocampista?
«Debuttai in B proprio in quel ruolo, da mediano. Poi sono stato spostato in difesa da Brocchi: Bubnjic si ruppe il crociato, serviva un difensore in più e lui mi spostò in difesa. Da mediano sono diventato il tappabuchi della difesa: inizialmente non la presi bene, perché mi sentivo un centrocampista e in quel ruolo avevo esordito in B, ma poi mi sono convinto, ho cominciato a divertirmi e ci ho costruito sopra la mia carriera».
Quanto le sono servite le esperienze in C con le maglie di Fondi, Pro Piacenza e Gozzano?
«Tantissimo. E’ la gavetta che consiglio a tutti i giovani calciatori che escono da un grande settore giovanile e vanno in prestito. In C cominci a imparare i trucchi del mestiere e a diventare grande».
L’estate 2019 è quella della svolta, perché il Brescia sale in A e lei torna a casa.
«Sì, sono passato dalle partite con il Gozzano in Serie C all’esordio in Serie A contro l’Inter. Davanti avevo Lukaku e Lautaro Martinez, non esattamente due clienti semplici. Coronai il mio sogno già in estate, quando Corini scelse di tenermi e di non mandarmi nuovamente in prestito, ma il debutto contro i nerazzurri al Rigamonti resta l’immagine più bella della mia esperienza a Brescia».
Negli ultimi 4 anni ha sempre giocato in B, superando le 100 presenze.
«E indossando anche la fascia da capitano, un’altra grande emozione. Resta il rimpianto di non essere saliti in A dopo la sconfitta contro il Monza ai play-off e di essere retrocessi malamente in casa contro il Cosenza ai play-out due anni fa. Poi, per fortuna, siamo stati ripescati e l’anno scorso le cose sono andate decisamente meglio».
Che effetto le farà ritrovare ex compagni come Cistana e Papetti?
«Papetti l’ho trovato in prima squadra, ma con Cistana ho cominciato a giocare quando avevo 10 anni, non ci siamo praticamente mai divisi e sarà bellissimo ritrovarsi da avversari. Ma di ex compagni ce ne sono davvero tanti, perché il gruppo è lo stesso di un anno fa».
Quattro vittorie ma anche quattro sconfitte. Che Brescia vedremo sabato al Manuzzi?
«Una squadra che lavora bene di collettivo in fase difensiva, che ha tante individualità in più reparti e un allenatore che sa preparare bene le partite. Corrono tanto e corrono bene, sono davvero tosti».