Calcio C, Pieraccini: “Cesena, sei fortissimo”

Partiamo dai numeri, oggettivi e indiscutibili. Nelle 10 partite e mezzo che ha disputato quest’anno (la prima da subentrato a Gubbio e le altre senza saltare neppure un minuto), il Cesena ha incassato 2 gol e vinto 8 volte su 11. Ma Simone Pieraccini non si è solo preoccupato di difendere e di formare un terzetto praticamente insuperabile con Prestia e Silvestri. Due gol li ha pure realizzati, decidendo le gare contro Lucchese e Juventus Next Gen al Manuzzi. Per uno che, prima di subentrare a freddo al Barbetti lo scorso 5 novembre, aveva giocato solo una partita tra i professionisti (San Donato Tavarnelle-Cesena 1-6 della scorsa stagione), questi due mesi sono stati davvero il massimo della vita.
Pieraccini, torniamo al 5 novembre, intervallo di Gubbio-Cesena. Cosa ricorda?
«Andrea (Ciofi, ndr) non sta bene e chiede il cambio, ma anche io quel giorno non ero al massimo e non pensavo proprio di farcela, perché avevo preso una brutta botta al ginocchio nella rifinitura e in panchina non c’erano neppure Piacentini e Coccolo. Mi sono scaldato a lungo, ma il ginocchio mi dava fastidio, poi ho deciso di stringere i denti perché ero l’unico difensore rimasto e per fortuna il male è passato velocemente».
Con il senno di poi, possiamo dire che ha fatto bene a stringere i denti.
«Sì, ogni tanto ci ripenso. Quella partita è stata la svolta per la squadra, ma anche per me».
Si aspettava di non uscire più dal campo?
«Da quando sono entrato, direi proprio di no. Sapevo che avrei giocato anche la gara successiva contro la Vis Pesaro, perché Piacentini non stava ancora bene, ma non pensavo di andare oltre, perché non sentivo ancora di essere in fiducia come oggi. Nella partita successiva, a Chiavari, è cambiato tutto: ho preso molta più consapevolezza e mi sono sentito più coinvolto. Poi, nella partita dopo con la Lucchese, è arrivato addirittura il gol. Meglio di così...».
Cosa significa giocare con Prestia e Silvestri al fianco?
«Hai non una ma due sicurezze in più. Sai che se sbagli, con loro due al fianco ti senti più tutelato, perché loro ci sono sempre».
Cosa le hanno insegnato in questi mesi?
«Nulla in particolare, mi basta guardarli e studiarli tutti i giorni al campo, sono due veri maestri di questo tipo di difesa. Io non avevo mai giocato a tre e con questo sistema di gioco le richieste cambiano. Servono attenzione e aggressività, due aspetti sui quali il nostro allenatore insiste quotidianamente».
Qual è stata la partita indimenticabile e quella più difficile?
«La partita indimenticabile per me è Cesena-Juve Next Gen per due motivi: davanti avevamo tanti giovani di qualità che per un’ora ci hanno dato molto fastidio. Il secondo motivo è facile: il gol-vittoria. Bello e importante. Quanto alla gara più difficile, ne scelgo due: il big-match contro la Torres e la partita di domenica a Ferrara».
E l’attaccante più difficile da marcare?
«Come tipo di giocatore dico Scotto, è quello che mi ha messo più difficoltà perché non dava molti punti di riferimento».
Sulla sua carta d’identità c’è scritto “nato a Forlì” e residente a Coccolia, in provincia di Ravenna. Come è finito a Cesena?
«Ho cominciato a giocare da piccolino nella New Team Forlì, vicino allo stadio Morgagni, poi sono passato proprio al Forlì, dove sono stato solo un anno. A Cesena sono arrivato subito dopo e ho cominciato dai Pulcini, con Roberto Biserni allenatore. Poi ho avuto Abbondanza, Leoni, nuovamente Biserni, Masolini e Ceccarelli».
Se ripensa a tutta la trafila che ha fatto, qual è stato il momento chiave?
«L’estate 2018, quella del fallimento, quando a 14 anni ho scelto di restare a Cesena. In tanti se ne sono andati, perché pensavano che giocare contro le squadre più piccole della zona fosse un declassamento, ma per me è stato l’anno più importante, perché mi sono legato ancora di più a questo club. Le stagioni successive sono state bellissime, a partire dalla vittoria del campionato Primavera 2. Quel successo e il debutto in Primavera 1 mi hanno ripagato della scelta di non andare via».
A proposito di debutti, la sua prima gara tra i professionisti risale allo scorso aprile contro il San Donato Tavarnelle.
«Se ci ripenso, quella partita mi sembra lontanissima, anche se sono passati pochi mesi. Oggi mi sento un altro giocatore, anche se sono ancora giovane e ho giocato appena 11 partite in C».
Qual è il suo modello da difensore?
«Sergio Ramos, il mio idolo da sempre».
E il messaggio più bello che ha ricevuto in questi due mesi?
«Scelgo quello di una mia professoressa delle superiori, con cui non avevo proprio un bellissimo rapporto, perché non ero uno studente modello. Mi ha scritto un messaggio facendomi i complimenti e chiedendo la mia maglia autografata per suo figlio. Gliel’ho spedita e lei ha ricambiato con un video-messaggio che non dimentico».
Tornando all’attualità, si aspettava questo rendimento della squadra?
«Sì, ho sempre avuto fiducia e ho sempre pensato che fossimo fortissimi. Quindi non mi stupisco nel vedere il Cesena primo in classifica».
Il suo rendimento, invece, la stupisce?
«Sono davvero molto contento, ma non pensavo di andare così bene».