Calcio serie D, lo United Riccione riparte a fari spenti. Beoni: «Servirà pazienza»

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Sono arrivati alla spicciolata, uno dopo l’altro. Ad attenderli tutto lo stato maggiore dello United Riccione. Allenatore, direttore sportivo, direttore generale. Non il presidente Cassese rimasto nella sua Napoli per impegni di lavoro. Hanno salutato un gruppetto di tifosi e poi hanno fatto una riunione nella sala stampa dell’Italo Nicoletti. Da lì il pranzo, la partenza per Alfero e nel pomeriggio il primo allenamento agli ordini di Loris Beoni. Poche parole, ma dirette. Nessun proclama particolare se non quello di dare il massimo. Un unico obiettivo, costruire un qualcosa che nel tempo possa regalare ai biancazzurri le soddisfazioni che va cercando da quando il presidente Cassese è arrivato in via Forlimpopoli. Il mondo di Beoni è un mondo fatto più di campo che di parole. Lo capisci non appena inizia a parlare di quello che dovrà essere la sua squadra: «Ogni allenatore ha un proprio credo, un proprio sistema di gioco, poi però deve fare i conti con il materiale umano e tecnico che ha a sua disposizione. E lì deve essere bravo a mettere i suoi giocatori nella condizione di dare il massimo. Diciamo che per quelli a cui piacciono i numeri abitualmente oscillo tra un 4-3-3 e un 4-2-3-1, poi molto dipende anche da come si evolve la partita. Sicuramente mi piace avere una squadra che, nel limite del possibile, abbia in mano il pallino del gioco».

Beoni, che si è legato allo United con un contratto biennale, arriva nella Perla Verde con un anno di ritardo. Già nella scorsa estate, Cassese, tentò di averlo sulla sua panchina: «Poi non se ne fece nulla per diverse ragioni, ma con il presidente siamo sempre rimasti in contatto e quando ci siamo risentiti e mi ha parlato del suo progetto, ho capito che qui ci sono tutte le condizioni per creare un qualcosa di importante. Ammetto che questa è una sfida che mi affascina anche tanto. È logico che non si costruisce nulla in pochi giorni, ci vogliono pazienza e determinazione, la mentalità vincente la si crea nel lavoro quotidiano. A maggior ragione quando si rifonda completamente un gruppo».

Per quanto riguarda l’undici da mandare in campo ancora, naturalmente, è tutto in fase embrionale anche se, nella sua testa, una certezza c’è già.

«Giocheremo con il portiere giovane (quest’anno, la novità, è che non saranno più quattro gli under da mandare in campo, ma tre: un 2004, un 2005 e un 2006, ndr). Purtroppo questa è la regola, che personalmente, non mi piace, come non piace a tanti altri miei colleghi. Sono dell’idea che se uno è bravo deve giocare, indipendentemente dalla carta d’identità».

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