Storia della “Brigata mai una gioia”, dove c’è tutto un mondo a tifare per San Marino
«Brigata mai una gioia era e Brigata mai una gioia resterà anche domani, nonostante si sia vinto qualcosa anche noi. In questo nome c’è il nostro spirito e c’è la nostra ironia: il risultato è l’ultima cosa che conta. Lunedì eravamo felici per la promozione in Nations League C, ma la nostra festa era iniziata prima ed è finita dopo, con la cena insieme ai tifosi del Liechtenstein. Noi seguiamo e tifiamo San Marino non solo perché prima di noi non c’era nessuno che lo facesse con costanza, ma perché vogliamo creare rapporti, vivere fino in fondo ogni avventura, affermare lo spirito sportivo. Vivere il calcio come se fosse un gioco. Come lo è per mia figlia». Daniele Dei è originario di Empoli, ha poco più di 40 anni, si è trasferito in Emilia e nella vita di tutti i giorni lavora nell’ufficio stampa dell’azienda ospedaliera di Modena. Si è avvicinato alla nazionale sammarinese il 31 maggio 2017 in occasione dell’amichevole non ufficiale giocata ad Empoli contro l’Italia e finita 8-0. Da allora è iniziato un amore incondizionato: «Nel 2018 mi sono messo in contatto con questi tifosi emiliani, di Reggio e di Modena, che nel 2012 avevano fondato la Brigata Mai una gioia e sono entrato nel gruppo. Quando il fondatore, per problemi famigliari, è stato costretto a lasciare, ho ereditato la bandiera e la guida del gruppo, anche se voglio sottolineare che nella Brigata non esistono ruoli ufficiali. All’inizio mia moglie e la mia famiglia non capivano questa passione, poi ho coinvolto anche loro e in tre trasferte mi sono portato dietro tutta la famiglia: a Lubiana, il nostro secondogenito Dante, che ora ha un anno, era ancora nella pancia, mentre Daria era già scatenata. Daria adesso ha 3 anni e vuole venire sempre: era con me anche a Vaduz, pur in assenza di mia moglie».
Il tamburo della figlia
E a Vaduz dava il tempo ai cori, sbattendo due bacchette “a fiocco” su un piccolo tamburo. Per arrivare avevano fatto 7 ore di auto e altre 7 ne hanno fatte martedì al ritorno: «All’andata con me è partito Tristan, ragazzo austriaco di 17 anni che gestisce il profilo Instagram della Brigata e che ha la maturità di un trentenne. E’ stato nostro ospite da venerdì, dopo la partita con Gibilterra, a lunedì. Poi a Milano ho caricato mio fratello Damiano, che fa il tecnico radiologo e che era al debutto. Fino a lunedì non capiva cosa mi spingesse a fare quello che faccio, ora lo sa».
Tifosi dell’altro mondo
A Vaduz erano in 50 a tifare San Marino. Solo tre arrivavano dalla Repubblica: Gian Piero Pasquali e i suoi due figli Gian Luca e Gian Maria: «Dopo il pareggio con Gibilterra di venerdì sera - racconta babbo Gian Piero, che fino al 1990 ha giocato insieme all’attuale Ct Roberto Cevoli nel campionato interno - ho detto ai miei figli: sarebbe un peccato se vincessimo la prima partita in trasferta e il girone e noi non fossimo presenti. Così siamo partiti in camper: abbiamo dormito nell’area parcheggio attrezzata fuori dallo stadio pagando un franco svizzero a notte (un euro e 10 centesimi, ndr). Allo stadio ci siamo uniti per la prima volta alla Brigata: è stata un’esperienza indimenticabile, che consiglio a tutti di vivere. Una vera festa multietnica e multiculturale».
Perché insieme ai tre “Gian” Pasquali di San Marino e ad un gruppetto di italiani capeggiato da Dei c’erano ragazzi austriaci (non solo Tristan), tedeschi e spagnoli, due peruviani che hanno parenti a Milano, un gruppo di inglesi che tifa per l’Hadley, club di Southern League Division One Central (l’ottava serie), e che ha fatto un gemellaggio con la Juvenes Dogana. Ma anche Olivier Fazio, 45enne attore francese di Nizza che dal 2000 segue San Marino e che «da quando vivo la partita con la Brigata non mi sento più solo». E il settantenne tedesco Josef Junker, che si innamorò della nazionale di San Marino vent’anni fa mentre era in vacanza a Rimini e da allora segue i Titani ovunque, è stato ricevuto dai capitani reggenti, ha organizzato iniziative solidali tra la Baviera e l’Antica Repubblica e venerdì insieme a Daniele Dei e ad altri due rappresentati della Brigata ha incontrato il Segretario di Stato, Rossano Fabbri. Infine c’è l’irlandese Alan Herbert che non si perde una partita e che allo Stadium è sempre nel settore D2, quello della Brigata: «Un gruppo fantastico che organizza incontri con i tifosi delle nazionali avversarie. Il rapporto tra noi è una cosa che non dimenticherò mai».
«Prima erano come cani sciolti, ora tutti si sentono parte di una famiglia, la Brigata mai una gioia - conclude Dei - anzi una famiglia allargata a giocatori, staff e dirigenti della Fsgc. Lunedì a fine partita Cevoli mi ha abbracciato dicendomi: “Siete una cosa grande” e io gli ho detto “Siamo tutti una cosa grande”». E forse una cosa grande diventerà pure la Brigata, che a ieri contava 87 membri ma che è destinata ad allargarsi, come già ha iniziato a fare sui social.