Calcio C, Cera: «Gigi Riva era come un fratello»
Dopo il mito Gigi Riva, uno dei giocatori più rappresentativi di quel Cagliari che nel 1970 vinse lo scudetto era il suo capitano Pier Luigi Cera, che negli ultimi due giorni, nella sua casa di Cesena, è stato subissato di telefonate da tutta Italia per un ricordo del compagno e amico deceduto lunedì sera.
Un fratello
«L’ultima volta - racconta Cera, il Cavaliere per chi vive il bianconero - ci eravamo visti al teatro Massimo di Cagliari dove il giorno del suo compleanno (7 novembre 2022, ndr) avevamo assistito alla presentazione del docu-film sulla sua vita “Nel nostro cielo un Rombo di tuono” di Riccardo Milani. Gigi per me non era stato solo un compagno di squadra per una decina d’anni, ma anche un fratello, sebbene al di fuori del campo non ci frequentassimo. Era uno che parlava poco, ma era una persona corretta e di valori veri. Purtroppo domani (oggi, ndr) non potrò essere al suo funerale a Cagliari perché così, da un giorno all’altro, non è stato possibile prenotare il viaggio in aereo».
Riva è diventato il simbolo della Sardegna, poiché da Cagliari non se ne è mai voluto andare, nonostante le ricche offerte delle maggiori squadre italiane, e in Sardegna si è fermato a vivere. «Anche io - prosegue Cera - credevo di chiudere la carriera e restare a Cagliari, invece nell’estate del 1973 fui a sorpresa ceduto al Cesena neopromosso in serie A. Pensavo di fare un campionato in bianconero e poi di smettere, invece ci siamo salvati, poi ci siamo salvati un altro anno e un altro ancora fino ad arrivare in coppa Uefa. E così da Cesena non sono più riuscito a venire via...».
Il sogno di Manuzzi
Con il Cavalluccio capitan Cera ritrovò Riva e compagni da avversari, ma non ci fu il tempo per emozionarsi: «Dovevamo giocare quella partita e quella partita si giocò come tante altre. Non era comunque la prima volta che affrontavo Gigi da avversario. Si era verificato tanti anni prima quando con il mio Verona incontrai il Cagliari e lo marcai proprio io, senza farlo segnare».
Cera ha condiviso con l’amico Riva anche la maglia azzurra, con la quale nel 1970 disputarono la finale mondiale contro il Brasile di Pelé. Rombo di Tuono era la stella di quella Italia: «Gigi può essere considerato il più forte attaccante italiano di sempre. Era anche il più amato, perché aveva rifiutato di lasciare Cagliari per la Juve per mantenere una promessa, quella di mettere i sardi sull’Olimpo del calcio italiano». Anche Dino Manuzzi, nel 1974, provò clamorosamente a portarlo in Romagna, anche a “mezzo servizio”, cioè consentendogli di venire a Cesena solo dal mercoledì pomeriggio alla domenica, restando così due giorni a settimana nella sua amata isola.
Quella maglia del Cagliari numero 11, che non si è mai voluto togliere, fu ritirata nel 2005: l’ultimo ad avere avuto il privilegio di indossarla fu il difensore (futuro cesenate) Rocco Sabato. Il romanticismo di quel calcio, che in Giggirriva (pronunciato tutto attaccato e tutto raddoppiato) aveva avuto uno dei grandi interpreti, era già tramontato da molti anni.