Le paure del Cesena e la via da scegliere per arrivare a Marassi
La Gumina ieri è entrato al 60’, poi Shpendi è uscito all’80’. I primi venti minuti in cui il Cesena ha partecipato al campionato con due punte da B. Vada come vada, c’è già un vincitore per il titolo di migliore acquisto di gennaio ed è proprio Shpendi. Lo ha dimostrato anche ieri, su una gamba sola o giù di lì: è diventato talmente importante che non ha nemmeno bisogno di giocare bene per essere utile. Il mese di dicembre senza Shpendi ha fatto implodere il Cesena nelle sue paure e altri mesi senza di lui sarebbero stati una catastrofe.
Il punto è la cosa migliore di ieri, anche se l’approccio è stato davvero deludente. Si sperava che la pausa portasse una ricarica che andasse oltre le parole di facciata, si confidava in facce diverse alla palla al centro, invece il Cesena ha iniziato avendo paura di tutto, dal Cittadella fino al suo pubblico. In casi come questo, meglio rifugiarsi nei classici. La scorsa settimana ha compiuto 89 anni Dan Peterson, il migliore esempio di sportivo americano sbarcato in Italia: grande allenatore di basket, grandissimo comunicatore. Per arrotondare, era riuscito a rendere accattivante una bevanda come il Lipton Ice Tea, beverone da festa di compleanno alla casa di riposo che negli spot del vecchio Dan diventava un drink fichissimo. Tra le sue mille massime scolpite sul marmo c’è: “non sanguinare davanti agli squali”, ovvero non mostrarti debole davanti agli avversari, nelle situazioni di pericolo presentati spavaldo alla Josè Mourinho anche se dentro ti senti Ugo Fantozzi mentre inforca la quaglia a cena.
Il Cesena d’inverno sanguina davanti agli squali, con partite problematiche dove le maglie dei pescecani le hanno quasi sempre gli altri. Ha continuato a farlo nel primo tempo di ieri davanti a un Cittadella che resta un bell’esempio di calcio di intenditori: prende allenatori e giocatori che non sono nessuno, li rivende dopo che li ha fatti diventare qualcuno. Uno dei simboli del Cittadella è stato il regista Manuel Iori (oltre 300 presenze da capobranco al Citta). Parliamo dello stesso Iori che doveva essere il leader del progetto di Nicola Campedelli nel 2012 in B a Cesena, invece qui fu un buco nero, perché un conto è giocare bene a calcio al Tombolato, un altro è reggere il Manuzzi, un tipo di stadio che se lo deludi, ti mette una pietra al collo e non emergi più. Iori era un ottimo centrocampista nel posto sbagliato: Beppone De Feudis non aveva il suo talento, ma le sue mille corse per gli altri muovevano sospiri di ammirazione che futuri nazionali (Candreva, Pellè) non hanno mai mosso. E anche stavolta, al mercato di gennaio non servono tanto giocatori forti, quanto giocatori che qui vedano un’occasione e non un parcheggio da ingaggio. Quel tipo di gente inquadrata da Fabrizio Castori durante l’assenza per infortunio di un suo giocatore un po’ particolare (“ci manca l’ignoranza di Pestrin”). Giocatori che non sanguinano mai davanti agli squali e anche in tempi di intelligenza artificiale confidano nell’ignoranza naturale. Per esempio, venerdì c’è Sampdoria-Cesena: un risultato positivo vale una potente scossa benefica, la vittoria della Sampdoria avvicina il quintultimo posto a 2 punti. Secondo voi a cosa pensa il Cesena in questi giorni? La differenza è qui e vediamo come la prepara, se sceglie di nuovo la via della paura o svolta verso il coraggio dell’ignoranza.