La linea di confine tra l’allenatore del Cesena e l’allenatore da Cesena

Due terzi di campionato ed ecco una squadra che sta entrando nella sua dimensione adulta. Sono passati meno di 20 giorni dal 4-2 di Catanzaro, quindi meglio stare cauti e aspettare altro tempo di cottura. Resta il fatto che le ultime uscite al Manuzzi ci dicono che il Cesena sa compattarsi davanti a un problema, lo gestisce riunendosi in ufficio e trova la soluzione. Col passare dei mesi, sta giocando sempre meno da neopromossa: la squadra frizzante e fragile dell’autunno 2024 sta lasciando il posto a un’altra più quadrata e consapevole, che finalmente ha altre risorse oltre al gioco per fare risultato. L’impatto di Saric e La Gumina in questo sta incidendo parecchio. Sono arrivati due giocatori che sanno accendere lo stadio morendo su ogni pallone, a riprova che il Cesena chiede solo una cosa a chi gioca qui: vedere questa maglia come una grande occasione, niente di più.
In più c’è l’allenatore. A chi va in panchina nel Cesena si è sempre chiesto di fare risultato e anche di entrare in empatia col mondo che lo circonda, altrimenti l’incastro non funziona. Si sono visti allenatori ben peggiori di Mignani, che però ha sempre il termine di paragone con due esempi unici, talmente unici che a Cesena avrebbero allenato pure un futuro campione del mondo (Marcello Lippi) e un altro arrivato terzo ai Mondiali (Azeglio Vicini), ma alla fine si torna sempre a loro due.
L’aspetto più triste della nostalgia di Fabrizio Castori e Pierpaolo Bisoli è che un po’ tutti abbiamo finito col banalizzarli. Sì, insomma, loro erano quelli che facevano casino in panchina, alzavano il pugno davanti alla curva e così via. Questi non sono Castori e Bisoli a Cesena, questo è il contorno, è il riassunto della carriera di Eziolino Capuano. Castori e Bisoli qui sono state storie di calcio. Castori che fa esplodere il minorenne Pozzi, glielo vendono subito, non fa una piega, lancia Bernacci e va in B. Castori che nel 2006 in B regala un calcio magnifico suonato dal violino di Salvetti e difeso dalle parate di Turci. Bisoli che prende due sportine dal bidone dell’umido che diventano Giaccherini e Lauro, porta qui Parolo e va in A dopo una stagione di calcio di alto livello con Do Prado e compagnia, quindi ci torna una seconda volta ai play-off con una fase difensiva da master universitario a protezione di Marilungo. Castori e Bisoli sono stati calcio vero: averne nostalgia riducendoli a macchiette che urlano è irrispettoso innanzi tutto nei loro confronti.
Poi ci sono altri numeri, che dicono che il record di punti del Cesena in A (43) lo ha fatto Massimo Ficcadenti, empatico come un discorso di Massimo D’Alema alla Camera, ma alla fine efficace. Un altro allenatore sottovoce come Albertino Bigon ha centrato due salvezze in campionati di A di livello disumano, con tutti i migliori del mondo che giocavano in Italia.
C’è il luogo comune che per allenare a Cesena basti fare due urli e avere il battesimo come titolo di studio, ma non è mica vero. La ricetta è semplice ma con canoni specifici, come la piadina grossa e tosta come un frisbee. Abbi il coraggio di lanciare i giovani; raccogli i punti che servono per l’obiettivo; nelle difficoltà mostra una squadra che lotta, così lo stadio si mette a giocare con te; tuffati senza rete nel caos ignorante di questo posto assurdo. Mignani sta mettendo le spunte su buona parte della lista: di questo passo magari va a finire che da allenatore del Cesena diventa pure un allenatore da Cesena.