Juve Stabia-Cesena, il mercato di gennaio e i caratteriali del Risorgimento
Il dibattito è aperto. Il carattere è allenabile? Nella costruzione del furore agonistico, l’allenatore quanto sposta? Ognuno ha la sua teoria, anche se spesso siamo schiavi dei luoghi comuni. Manolo Pestrin ha menato da Manolo Pestrin anche con allenatori diversi da Fabrizio Castori; Maurizio Lauro ha combattuto oltre i suoi limiti agli ordini di Pierpaolo Bisoli e con un tecnico dai canoni opposti come Massimo Ficcadenti. E ancora: sia Bisoli che Ficcadenti provarono invano a scuotere la materassica indolenza di Dominique Malonga, il talento con gli occhi spalancati del cerbiatto sulla statale che fissa i fanali del camion che si avvicina.
I primi mesi hanno detto che Mignani ha quasi sempre espresso una idea di gioco piacevole e produttiva, con il fallimentare fatturato da trasferta a lanciare segnali precisi. La squadra ha bisogno di almeno un caratteriale, un ribaltatore di situazioni negative, il classico leader emotivo. Qualche esempio? Spulciamo i fascicoli in archivio.
Categoria vecchio leone. Nell’inverno del 1998 in C, il Cesena di Benedetti ingaggiò un antico guerriero come Gianluca Gaudenzi, fabbro ferraio di lusso attorno al talento di Salvetti e Comandini.
Categoria vice allenatore in campo. Una salvezza impossibile in B diventò possibile con l’innesto di Beppe Baronchelli, caporeparto che si caricava a palla ascoltando le canzoni dei bresciani Timoria del suo amico Omar Pedrini. In quella sessione di gennaio arrivò un centravanti timido ai confini del mutismo (Emiliano Bonazzoli) e un focoso radiocronista come il Baro, che diventò il capo indiano di una banda di ex avviliti diventati assatanati.
Categoria futuro dirigente. Nella C vinta da Bisoli, nel 2007 arrivò in corsa un uomo-collante da 5 ruoli come Gigi Piangerelli, uno che ormai correva il giusto ma correva bene e parlava meglio, veranda ideale per giovani destinati a esplodere.
Categoria pitbull da carne cruda. Inverno 2012. C’è una squadra nel vortice di un turbinìo di guai dai nomi esotici (Bamonte, Djokovic, Meza Colli e così via). Serve un mercato di spessore e arrivano rinforzi tripallici come Manuel Coppola e Pablo Granoche. Chiunque ricordi quel girone di ritorno, sa bene quello che si vide. Per andare in contrasto sul pallone contro Coppola bisognava essere forti di una visione ottimistica della vita, con una grande fiducia nel genere umano, mentre per litigare con Granoche, beh, bisognava essere sicuri di essere nel giusto, assicurandosi allo stesso tempo di essere a debita distanza.
Infine, la categoria dei fuori categoria. Tipo lo svincolato Beppe Colucci nel dicembre 2009, un giocatore di A che aiutò il Cesena nel salto di qualità fino alla B vinta. Poi si videro innesti talmente debordanti a livello caratteriale che prima furono la soluzione e poi il problema. È il caso di Davide Di Gennaro (gennaio 2021), leader del primo Cesena di Viali allontanato per manifesta ingestibilità.
Tutto questo per dire che oggi al Cesena serve quel tipo di giocatore che quando a Bari o Castellammare la partita si fa problematica, vede il tutto come una sfida e non come una fonte di depressione. Quel tipo di giocatore simile al quadro di Giuseppe Mazzini appeso ad uno storico circolo Endas a Provezza. In una serata dedicata al Cesena di tanti anni fa, in mezzo a molte parole di calcio, il gestore del circolo Ettore Buvardia a un certo punto indicò il ritratto di Mazzini, inquadrandone lo spessore politico: “Quest che que l’aveva du marùn cume du còmbar” (Traduzione per i non romagnoli: “Senza nulla togliere a Cavour, Garibaldi e Vittorio Emanuele II, il percorso del Risorgimento italiano non sarebbe stato vincente senza Giuseppe Mazzini”). Ecco, al Cesena ci vorrebbe qualcosa di simile.