Il ripasso di tutto quello che deve essere il Cesena

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Ogni passo in campo di Pieraccini, Francesconi, Berti, Shpendi e Giovannini ci ricorda cosa deve essere il Cesena, l’unico club professionistico del territorio che offre un’occasione in prima squadra ai giocatori di punta del settore giovanile. Un tipo di promessa che aiuta a trattenere i ragazzi migliori del vivaio, al di là una farneticante riforma del vincolo realizzata da un ministro dello sport che al momento dei saluti ha ammesso di non conoscere nulla di sport.

Pieraccini, Francesconi e compagnia si sono meritati ogni minuto in campo e c’è tanto di loro nel primo posto. L’opera di ripartenza del settore giovanile è stata sorprendente, arricchita dall’arrivo dei gemelli Shpendi grazie a Filippo Masolini. Gli Shpendi sono stati un lussuoso stemma sulla Mercedes, ma quello che conta è che ci fosse il cofano su cui appoggiarlo.

Ciò che si sta vedendo in queste settimane è una nuova lezione anche per chi segue il Cesena dall’esterno. Tante volte abbiamo giudicato con sufficienza i giocatori fatti in casa, pensando che chi venisse da fuori fosse sempre meglio. Prendiamone uno a caso: Alessandro Teodorani da Sant’Egidio, bionda ala destra degli anni 90 e oggi allenatore dell’Under 14. Oggi il Teo ha quasi 52 anni e fa parte di quella particolare categoria di calciatori che non ha messo su un etto dopo che ha smesso di giocare. In età adolescenziale, ha avuto un percorso sportivo che spiega tante cose: giocava sia a calcio che a basket e alla domenica andava con suo zio a partecipare alle corse campestri. Risultato: una facilità di corsa fuori categoria. Era l’ala destra titolare di un Cesena che nel 1994 perse lo spareggio-promozione in una B di livello altissimo (prima la Fiorentina di Batistuta e Baiano, secondo il Brescia di Hagi, terzo il Bari di Protti e Tovalieri e così via). Eppure, mah, insomma: Medri in difesa, poi Teodorani ala con Leoni, Piangerelli o Del Bianco a fare i mediani, sono troppo bassi, fanno pochi gol. Da fuori si poteva trovare di meglio. Tutta una carriera a Cesena a sentirselo dire.

Il Teo lasciò il Cesena nel 1997. Ora: proviamo a dare una sommaria occhiata ad alcune ali o esterni destri visti al Manuzzi dal 1998 ad oggi. Si tratta di giocatori acquistati quasi tutti a titolo definitivo. Pronti? Dunque: Ricchetti, Paradiso, Stringardi, Macchi, Pinciarelli, Calà Campana, Damiani, Proietti, Bracaletti, Della Morte, Vascak, Cristea, Martinez, Bamonte, Gessa, Nadarevic, Almici, Di Roberto, Nica, Donkor, Franchini, Marfella. Può bastare? Vero che Teodorani già sembra un po’ più forte? A tutto questo si può unire la teoria di Edmeo Lugaresi, che un giorno diede la sua versione sul tema in questione ad alcuni giornalisti durante un allenamento a Villa Silvia: “Ragazzi il Teo è proprio bravo, il problema è il carattere, è un ragazzo intraverso”. E noi per mesi ad immaginarci il Teo che sfogava la sua timidezza guidando come un pazzo, sgommando di notte per le strade della sua Sant’Egidio, tirando il freno a mano all’improvviso per ardite intraversate sull’asfalto. Lui biondo come i maestri finnici del rally degli anni 90, da Markku Alen e Juha Kankkunen. Lui che centellinava le parole ma con una impensabile doppia vita fatta di sgommate e traversi stradali, rivale a quattro ruote di un motociclista da enduro come Simone Confalone. Teo l’intraverso che non baciava maglie davanti alla curva e non si batteva la mano sul petto a favore di fotografi. Una volta Tardelli disse: “La camera di Teodorani e Ponzo in ritiro sembra quella di Zoff e Scirea alla Juve, c’è sempre un gran silenzio”. Il fatto è che al Teo andava bene così: giocava nel Cesena, era talmente contento che non trovava le parole e allora si metteva a correre.

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