Il Cesena, il valore di un pareggio e il tempo che non va perso

Ci hanno dato dentro senza risparmio, rispettando le attese delle vigilia, anzi: qualche individualità non finisce di stupire, con una tenuta sulla lunga distanza che sorprende ogni volta. Ovviamente si parla del pubblico di ieri a Bolzano, un pubblico, come si dice in questi casi, con tanta birra in corpo, tanto che i bar dello stadio Druso a fine gara accumulano da anni un monte scontrini da veglione di Capodanno.
Il pubblico aveva la ricetta contro i primi caldi, al contrario di due squadre poco brillanti e con la testa pesante, in ossequio alle partite che decidono il campionato. Il Sudtirol è da mesi in assetto da rincorsa, sa come si gioca in emergenza e ha uno degli allenatori migliori possibili: nel libro della carriera di Fabrizio Castori c’è un corposo capitolo dal titolo “Rimonte assurde” e tutto lascia pensare che ci riuscirà anche stavolta. Il Cesena è a mezzo passo da una salvezza che si è pienamente meritato, dopo mesi in cui Mignani è riuscito spesso a esaltarne i pregi e mascherarne i limiti. Per esempio, a Bolzano si è avuta l’ennesima conferma che questa è una squadra unita e che si vuole bene, ma povera di personalità.
Il Cesena è bravo ad adattarsi, ma incapace di imporsi. Ha fatto ottime partite guardando negli occhi le grandi del campionato, ma contro avversarie sulla carta inferiori o in difficoltà, non riesce quasi mai a prendere il volante. Ha zero leadership in regia (in questo sia Calò che Bastoni hanno deluso) mentre i giocatori di maggior talento sono sempre un terno al lotto.
Per esempio Tavsan: un gioiello che resta ore sepolto sotto la polvere, poi ti inventa gol spaziali e ha margini di miglioramento che forse non conosce nemmeno lui. Domanda numero uno: in prospettiva, ha senso provare a tenerlo per un altro anno, magari investendoci sopra? Domanda numero due: chi è che lo decide? Con Artico verso i saluti, è la prima domanda da risolvere, per evitare gli errori dei mesi persi un anno fa, col tira e molla con Toscano a raffreddare la brace del campionatone da 96 punti in C.
I play-off sarebbero un giro di giostra che il Cesena meriterebbe dopo mesi nella parte sinistra della classifica. Il vero capitale da conservare però era la B: visto che ormai ci siamo, questa volta non va sprecato il tempo. In primavera il tempo è prezioso per programmare e bisogna decidere chi decide, altrimenti si rischia di pagare dazio (la proprietà Usa ci scuserà l’espressione).
Qualche domanda sparsa. Su quali talenti fatti in casa è giusto continuare a investire? Ci sono futuri svincolati all’orizzonte da prenotare? Da quali dirigenti e da quali tecnici riparte il settore giovanile? Quali ragazzi della Primavera meritano di annusare la prima squadra?
Il tempo può essere di nuovo un grande alleato, basta che non venga perso. Usando bene il tempo, ogni giorno che passa il punto di Bolzano sembrerà più bello, visto che ha aiutato a pianificare un futuro come minimo da B, il vero cortile di casa. Lo spettacolo di ieri non è stato granché? Vista la rosa del Cesena e vista la soglia della disperazione che incombe altrove (Reggiana, Brescia, Sampdoria), beh, pazienza. Per consolarci di una visione poco spettacolare, possiamo sempre affidarci ai classici e riproporre un Flavio Oreglio d’annata a Zelig: “Quando sono in mutande davanti alla tv penso: “Non sto guardando un bello spettacolo”. Per onestà intellettuale, devo ammettere che il mio televisore può dire la stessa cosa”.