Il Cesena e il bicchiere di Mignani: ci sono quattro partite per non romperlo

Al netto delle magie di Berardi e Laurientè (una gioia per gli occhi dopo anni di stadi con cipressi e tangenziali sullo sfondo) la parte più interessante di Cesena-Sassuolo è stata la conferenza stampa del dopo-partita dell’allenatore del Cesena. Dietro la scrivania si è visto un Mignani per la prima volta risentito ma elegante come al solito (ha chiuso la conferenza dicendo: “grazie per avermi ascoltato”, una specie di marziano). Al microfono ha invitato a non essere negativi nei giudizi, perché la sua squadra sta dando il massimo e non è giusto vedere il bicchiere mezzo vuoto. Bene, soffermiamoci sul bicchiere. Come è stato trattato? Ultimamente piuttosto male. Più che un bicchiere, un monumento invaso dai piccioni, per rispolverare un’immortale hit di Elio e Le Storie Tese. Tra girone d’andata e girone di ritorno, quali giocatori hanno migliorato il loro rendimento? Klinsmann per acclamazione, poi Ciofi, Francesconi e forse Celia. Un portiere e tutti giocatori di quantità, mentre gli addetti alla qualità si sono intristiti o involuti nel loro egoismo: Tavsan che vuole calciare la punizione per farsi bello contro la prima in classifica è un segnale tristissimo. La crescita caratteriale del gruppo non c’è stata: il Cesena non ha altre risorse oltre al gioco e se col Sassuolo sai solo fare a gara a chi gioca meglio, vieni travolto.
Nel girone d’andata c’è stato tanto di Mignani nell’indirizzare l’entusiasmo di una neopromossa che è ancora una neopromossa, nel bene e nel male. Il valore del Sassuolo sta nell’essere una squadra di A che gioca in B, il limite del Cesena è essere rimasto una squadra di C nella sua architrave: una volta andati in riserva i ragazzi che hanno sbranato il campionato con Toscano, sono iniziati i guai. In due sessioni di mercato è arrivato un solo giocatore di personalità dall’autonomia limitata (Saric 11 presenze e mai una gara intera) e il migliore acquisto dell’ultimo anno e mezzo è una cometa come Klinsmann, piombato qui da chissà dove mentre tutti ridevamo dandoci di gomito. È Klinsmann che sta reggendo il vassoio del bicchiere, evitando che si rompa, nell’attesa che torni un po’ di amor proprio.
Mancano 4 partite: sono sufficienti sia per un sussulto di orgoglio, sia per graffiare la carrozzeria di un buon campionato. A chi tocca ora? In mezzo a prestiti che tra qualche settimana non saranno più qui e ce lo stanno facendo capire. In mezzo a leader che non sono stati leader. In mezzo a giovani in difficoltà. In mezzo a tutto questo, c’è qualcuno che ha voglia di dare una scossa? Ecco, qui toccherebbe ad allenatore e società, visto che non è finita finché non è finita, secondo la regola “The opera isn’t over till the fat lady sings”. È un motto dello sport americano che riprende la lirica e letteralmente significherebbe: “L’opera non è finita finché non canta la cicciona”, con l’aria finale del soprano prima del sipario. Qui siamo ai titoli di coda, ma la cicciona non ha ancora cantato. (P.S: dire cicciona non è politicamente corretto, ma tanto ormai in fondo agli articoli non ci arriva quasi nessuno).