Cesena-Spezia, l’appartenenza che tracima e il rigore per la Juve

Blog
/  A un dato momento

Cesena-Pescara 1-0 (Pierozzi) sta per compiere un anno e per mesi ci siamo chiesti se i giocatori che hanno vinto la C potevano reggere la B. La risposta ce l’abbiamo: sì. Ieri alla palla al centro ce n’erano 8 dell’anno scorso (Pisseri, Ciofi, Prestia, Piacentini, Adamo, Francesconi, Berti, Shpendi) contro una squadra fortissima che vuole andare in A. Certo che in certi duelli era tosta: per esempio Adamo ha sudato contro un treno da binario come Reca. Poi guardi gli ingaggi e spunta che il nazionale polacco Arkadiusz Reca costa allo Spezia 930mila euro lordi all’anno. A quel punto smetti di farti domande e dai ancora più valore a uno 0-0 di una squadra che è riuscita a farsi volere bene dal suo stadio, la regola numero uno per i buoni campionati a Cesena.

L’identificazione del pubblico con chi va in campo è arrivata grazie a chi sta mettendo il cuore oltre i suoi limiti e allo spirito di chi è cresciuto qui, anche se a volte si esagera. Lo stadio trabocca di appartenenza: siamo in un momento storico del calcio a Cesena in cui si vuole talmente bene ai ragazzi del vivaio che spesso si tracima. Il giudizio su Shpendi, Berti, Francesconi e compagnia non si basa più semplicemente su come giocano, ma su quello che rappresentano. Risultato: a loro si perdona quasi tutto, perché sono bravi e danno la confortante certezza che giocare con quella maglia non sia solamente un lavoro.

Non è sempre stato così, c’è stato un tempo in cui i giocatori presi da fuori sembravano sempre migliori. Qualche settimana fa al Panathlon si è celebrato il 35° anniversario della vittoria della Primavera al Viareggio. In quella Primavera c’erano Medri, Scugugia, Teodorani, Del Bianco e Zagati, che con Bolchi nel 1994 arrivarono a dieci centimetri dalla Serie A. In quella squadra c’erano anche Leoni, Piangerelli, Piraccini, Salvetti e Dadina. Totale: dieci giocatori del vivaio in una B di livello pazzesco, con Batistuta, Hagi, Protti, Tovalieri e così via. Quel Cesena perse la A solo allo spareggio, ma per quasi tutti resta il Cesena di Dolcetti, Scarafoni e Hubner. C’era il 35enne Piraccini che era un caso a parte e giocava in modalità Padre Pio (sospiri ammirati ad ogni suo passo, quando tornate a casa date una carezza ai vostri bambini e dite che è la carezza del Piro). E gli altri giocatori fatti in casa? A turno passarono mesi da sopportati e chi ha vissuto Villa Silvia in quegli anni ricorda il velo di tristezza di ragazzi innamorati del Cesena ma non corrisposti. Era già il famoso senso di appartenenza, con la differenza che non andava di moda, ma è sulla loro malinconica sopportazione in stile Pisseri che negli anni si è lastricato il percorso su cui oggi viaggiano Shpendi e gli altri.

Cesena-Spezia ci ha ricordato che arbitrare è difficilissimo e che il Var usato così non aiuta gli arbitri. In più si è avuta la dimostrazione plastica che anche gli 0-0 sono divertenti, figurarsi con le emozioni di un rigore parato. Torna alla mente uno degli sketch preferiti di Eraldo Pecci quando giocava nel Toro. Nei dopopartita al Comunale di Torino, negli anni 70 i giornalisti scendevano negli spogliatoi e Pecci si informava con loro sull’altra squadra di Torino.

“Ragazzi, cosa ha fatto la Juve? Ha vinto?”.

“No Eraldo, la Juve ha pareggiato 0-0”.

“Ah sì? E chi ha sbagliato il rigore?”.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui