Allegri, Mignani e i punti del Cesena pieni di pazienza

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Oltre a una discreta stiva di scudetti, il palmarès di Massimiliano Allegri comprende un’ampia bacheca di interviste post partita finite in rissa. In una di queste, a un certo punto se ne uscì con una frase simbolo: “Vedo squadre che giocano solo perché il loro allenatore faccia bella figura”. Spostandoci a Cesena, c’è un allenatore che lavora perché i suoi giocatori facciano bella figura.

Dopo mesi a fare slalom tra gli scettici, il rischio da evitare ora è mitizzare Mignani (bravo, bello, buono, di notte va a togliere i rami dal Ponte Nuovo, la mattina aiuta i bambini ad attraversare la strada fino a scuola, poi al pomeriggio bisogna che alleni). Mitizzarlo è uscire dall’equilibrio che è il binario del suo percorso. Resta il fatto che al di là di una vittoria aiutata dalla fortuna e da un portiere che ha parato come un demonio, Cremonese-Cesena ribadisce che questo è un gruppo che si vuole bene, figlio di una gestione che non incenerisce nessuno dopo una partita sbagliata. Provate ad immaginare di essere un giocatore a caso dal mazzo.

Siete Jonathan Klinsmann. Avete un cognome impegnativo (Jonathan Codispoti o Jonathan Caturano suona diverso in effetti), ma quello stesso cognome è stato decisivo per arrivare qui. L’allenatore vi sceglie titolare, vi aspetta e sparge borotalco e serenità sul vostro percorso fino a un sabato da centravanti a Cremona.

Siete Giuseppe Prestia. Siete il principe del vecchio corso, sbandate in una serie di passaggi a vuoto, vi incavolate se il portiere non esce e vi incavolate quando uscite voi. L’allenatore apre la valvola per fare sfiatare il vostro stress da B e tornate ad alzare il muro.

Siete Andrea Ciofi. Partite da riserva, sapete aspettare confidando nel lavoro. L’allenatore si accorge di voi, vi mette esterno di centrocampo a Catanzaro smontando la difesa, capisce che è stato un errore e da quel giorno nei momenti critici si rifugia nella difesa a quattro.

Siete Giacomo Calò e Simone Bastoni, quindi siete la coppia peggio assortita di mediani per un centrocampo a 4 vista negli ultimi anni, due buoni giocatori che però insieme, insomma. Capita: anche Giorgio Faletti e Orietta Berti singolarmente hanno avuto un certo successo, poi a Sanremo nel 1992 si presentarono insieme per cantare “Rumba di tango” e fu un macello. Nessuno ha messo da parte Calò e Bastoni e ieri sono stati decisivi.

Siete Sydney Van Hooijdonk (no qui è troppo difficile, passiamo oltre).

Siete Mirko Antonucci. L’incostanza è il vostro marchio di fabbrica. Seppellite il vostro talento di apatia e fate arrabbiare tutti tranne chi vi allena, che vi aspetta con paterno affetto e lo andate a cercare dopo il gol alla Sampdoria.

Siete Tommaso Berti e Matteo Francesconi. Da titolari a riserve e viceversa, in un percorso di crescita dove andare in panchina non è mai una punizione condita da urla o bestemmioni.

Siete Cristian Shpendi. Per mesi la squadra lanciava verso di voi, si faceva il segno della croce e poi veniva ad abbracciarvi dopo il gol. Ora vi siete presi il tipo di pausa che hanno anche Lautaro o Vlahovic, basta aspettare senza nevrosi e il clima attorno a voi resta ideale.

I 37 punti certificano che l’ingranaggio si è messo in moto grazie alla pazienza di Mignani, che ha aspettato tutti e alla fine sono arrivati quasi tutti. Una tattica vincente per arrivare a fare quei punti che nella cultura del calcio a Cesena sono tutto o quasi. Per dirla alla Allegri, guardando altrove, il Mantova di Possanzini è devoto a un’idea per arrivare al risultato. A Cesena la visione è diversa: qui fare risultato sarà sempre una buona idea.

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