Martino: “Unieuro, siamo indietro di condizione, speravo che fossimo più bravi a nasconderlo”

L’Unieuro lascia la Final Four di Supercoppa a Livorno dopo una sola partita e con la consapevolezza di essere ancora indietro, sia nel raggiungimento di una condizione fisica e atletica adeguata ad affrontare il campionato, sia nella chimica e negli automatismi di squadra. Più indietro di quanto sperasse, ma forse anche di quanto pensasse, nel raffronto con una Fortitudo che ha dimostrato sabato in semifinale di esserle superiore in tutto.

Al momento, però, perché da un lato ritardo fisico e ritardo tecnico non sono scindibili e vanno sempre di pari passo, interconnessi l’uno all’altro in una fase di preparazione con un gruppo nuovo per sei decimi; dall’altro la pre-season e le sconfitte nelle partite di agosto e settembre, servono sempre e principalmente a capire proprio su quali aspetti è maggiormente importante lavorare e spingono a farlo con maggiore intensità e attenzione.

Nessun allarme, dunque, acceso sulla griglia di partenza di una stagione che già si annuncia durissima (e chi nei ranking ideali stilati sinora, ancora snobbava la Fortitudo è chiaro che vivesse fuori dal mondo), ma qualche pensiero in più nella testa lungo la settimana che porta all’esordio di Cividale, quelli sì. E l’inserimento, con conseguente apporto, della coppia Harper-Dawson è sicuramente tra questi.

Andando per ordine, comunque, Antimo Martino evidenzia lo stato di forma non ottimale con cui la squadra ha affrontato la Supercoppa. «La nostra non è stata una partita di livello - ammette il tecnico dei biancorossi -. Sapevamo di essere indietro di condizione con alcuni nostri giocatori, ma speravamo di mascherarlo di più, riuscendo a essere bravi a non farlo vedere in un appuntamento che arrivava molto presto, ma che era anche piacevole da vivere sul campo».

Questo si traduce in una parola: presenza. In confronto a Bologna, è mancata all’Unieuro. «Ci sarebbero molti aspetti tattici dei quali potremmo parlare, ma direi che alla fine quello principale sta tutto nel fatto che la Fortitudo è stata molto più brava di noi per l’energia messa in campo, per la sua presenza. Era più reattiva, in difesa e in attacco, mentre noi eravamo troppo poco presenti per competere in un match nel quale abbiamo cercato di restare attaccati, ma senza mai mettere in difficoltà in modo davvero credibile (e continuativo, ndr) i nostri avversari».

Due le somme che possiamo tirare e che valgono come considerazioni in vista del campionato. Dapprima se deficit di forma si tratta, questo si sta evidenziando principalmente in difesa, ancora non all’altezza di quella che le squadre di Martino sanno sfoggiare. Eppure è proprio dalla difesa che la squadra di quest’anno dovrà partire per costruirci le sue fortune, perché le caratteristiche di singoli e gruppo sono tali da renderla forse l’arma principale dei biancorossi e su questa, adesso, andrà calibrato lo sforzo maggiore.

In seconda battuta, c‘è il tema “stranieri”. Questa Forlì non ha picchi di talento individuale puro, forse neppure in Harper e Dawson, ma per i suoi meccanismi il loro apporto serve come il pane. Gli va dato tempo, ma è già il momento in cui loro stessi devono dimostrarsi capaci di prendersi la scena e le conseguenti responsabilità.

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