Insulti razzisti nel basket, lo stile della Happy Rimini: “Vicini alla nostra atleta, ma anche la madre che ha offeso va protetta. Fare a pezzi una persona che ha sbagliato non ci rende migliori”
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Una presa di posizione di grande classe da parte della Happy Basket Rimini: vicina alla sua atleta insultata ma anche a chi ha sbagliato. Dopo i verdetti del giudice sportivo sul caso della madre di una atleta cesenate che ha pesantemente offeso con insulti razzisti una giocatrice della Happy, la società riminese torna sul caso con una nota dopo il clamore suscitato dal match Under 19 contro la Nuova Virtus Cesena.
“Vicini alla nostra atleta”
“Negli ultimi giorni - si legge nella nota - in molti ci hanno chiesto di commentare i fatti che ormai sono di pubblico dominio: se abbiamo aspettato è perché il clamore mediatico che ha circondato questa vicenda faceva già abbastanza rumore, troppo a dirla tutta. Abbiamo preferito un rispettoso silenzio e ci siamo occupati di quello che era in nostro potere fare: proteggere una minore e la sua famiglia da questa “tempesta imperfetta” e denunciare in questura - questura che in effetti ci ha convocato dopo aver aperto autonomamente un fascicolo sul caso - la persona che si è resa responsabile di ingiurie e oltraggio a sfondo razziale nei confronti della nostra tesserata. A distanza di giorni il nostro principale interesse non è cambiato: tutelare la nostra atleta, fare quadrato e farle sentire che non è e non sarà mai sola. Per questo desideriamo ringraziare i tantissimi, società sportive, persone, giornalisti e organi di stampa, che ci hanno inviato messaggi di supporto prontamente girati alla famiglia”.
“Basta volgarità e insulti”
Continua la nota della Happy: “Come avrete saputo la nostra atleta non è stata squalificata, data la giovane età e il tipo di provocazione ricevuta, ma davvero questo aspetto, alla luce di tutto il resto, ci pare di scarsa rilevanza. Da oggi, se vogliamo che questa vicenda non cada nel dimenticatoio nel giro di qualche giorno, abbiamo solo una strada: essere tutti più responsabili in campo, sugli spalti e, soprattutto, sui social. Le nostre azioni ricadono innanzitutto sulle nostre ragazze e quello che vogliamo insegnare sono il rispetto dei valori universali che lo sport riesce a veicolare come nessun altro strumento educativo. Se da domani l’insulto, la volgarità ed ogni forma di eccesso, che nulla hanno a che vedere col tifo sano, resteranno ancora un’opzione possibile, allora l’indignazione di oggi sarà stata solo uno spreco di tempo. Non pretendiamo di non commettere errori, sappiamo che non è possibile, ma vivere lo sport come gioco di squadra, sia che si tratti di passarsi la palla in campo, sia che si tratti di fare il tifo fuori, deve essere il nostro impegno quotidiano, oggi molto più di ieri, se vogliamo davvero promuovere il cambiamento”.
“La mamma ha sbagliato, ma fare a pezzi una persona non ci rende migliori di lei”
Il finale è di grande classe: “Un’ultima cosa, per noi fondamentale: in questo momento c’è una persona che ha commesso un errore inqualificabile e che per questo sta pagando un prezzo molto alto e con lei la sua famiglia. Anche loro vanno protetti. Vi chiediamo di smetterla con i commenti violenti e cattivi: chi sbaglia paga, come è giusto che sia, ma su questo si esprimeranno esclusivamente gli organi competenti. Cercare di fare a pezzi la colpevole ci rende forse migliori di lei? Lo sport ci insegna a concedere una seconda possibilità e, quando ci sia pentimento, a cercare di riabilitare chi ha sbagliato: anche questa è inclusione”.