Basket A2, la caduta dell’Unieuro è un inaspettato passo indietro

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Mostrare tante facce diverse tra loro non vuol dire avere molteplici personalità. Probabilmente significa non averne ancora una precisa e formata, implica non presentare ancora una ben definita identità. È quello che si può dedurre dell’Unieuro dopo il tonfo del “Carnera” nel quarto turno infrasettimanale di questo compressissimo e comunque estenuante campionato di A2.

Forlì è caduta male

Anzi malissimo a casa dell’Old Wild West Udine, campo dove si può perdere eccome (i biancorossi furono i primi a espugnarlo a fine girone d’andata dello scorso torneo), ma non nel modo in cui si è inchinata la squadra di Martino. Un ko tecnico già maturato a inizio seconda frazione, quando i romagnoli si sono trovati a -23 al 13’21” (41-18 per i padroni di casa), poi sprofondare a -26 due minuti dopo e non rialzarsi più. Questa sconfitta è praticamente una fotocopia di quella di Brindisi e se nel conto mettiamo anche la semifinale di Supercoppa con la Fortitudo a inizio stagione, è già la terza volta in cui si vede un’Unieuro non dare mai l’impressione di poter lottare per la vittoria.

È questo ciò che più colpisce della squadra di quest’anno, perché se i limiti a livello tecnico esistono e non si possono non riconoscere, proprio in virtù di questi, e per sopperirvi, la “Pieffe” dovrebbe fare leva su altro: su agone, tenacia, solidità difensiva, capacità di fare quadrato nei momenti difficili restando comunque dentro la partita con la testa e la volontà. Insomma, quella mentalità ferrea, quella capacità di imbrigliare gli avversari ancor più di quanto se stessa si ritrovi in certi momenti invischiata, che hanno sempre permesso all’Unieuro di giocarsela punto su punto con chiunque in questi anni. Fino alla fine, come recita il motto della tifoseria.

Ecco, questo è mancato in più di una partita. E se è vero che Forlì ha anche avuto gare di forte intensità e attenta applicazione, come quelle con Verona, Pesaro e Torino, è proprio questo passare da un volto all’altro quello che colpisce e lascia inevitabilmente perplessi. Anche perché, va detto, al computo appena fatto vanno aggiunte le gare con Orzinuovi e Livorno, in cui della squadra si sono percepite preoccupazione e insicurezza: il contrario di quanto le squadre di Martino avevano dimostrato di sé nei finali di gara quasi sempre lucidi e glaciali degli ultimi due campionati.

Che cosa ne desumiamo?

Ancor prima che sotto l’aspetto tattico e tecnico, il lavoro dello staff biancorosso ha nella creazione di un’impronta identitaria mentale ed emotiva la propria assoluta priorità. Trovare un equilibrio, rafforzare la convinzione, la presenza fisica e mentale in ogni fase delle partite, consolidare il carattere, ricreare quella capacità di rendere ogni sfida una lotta nel fango nel quale saper “sguazzare”, è la condicio sine qua non per andare oltre i propri limiti, per evolvere e per fare una stagione vincente.

Avere una faccia e non essere uno, centomila e quindi... nessuno. Ecco ciò che dopo aver chiesto scusa «per una partita orrenda, per questo disastro totale», definendo «inaccettabile l’avere mollato alla prima difficoltà», dovrà cercare di fare e ottenere Martino. Al di là di presenti o assenti come Daniele Cinciarini che, per una contusione alla spalla sinistra accusato con Orzinuovi, è stato tenuto a riposo per averlo, augurabilmente, domenica con Cantù.

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