Mike Romano, il baffo più famoso dei diamanti è nella “Hall of Fame”

Baseball

Mike Romano non ha dovuto spostarsi molto da casa per entrare nel “tempio” più importante per chi vive di sport, la “Hall of Fame”. Semmai il problema più grosso era indossare la giacca per salire sul palco della Convention riminese. «E’ vero, non sono un tipo da giacca e neppure da pantaloni lunghi, ma diciamo che era il vestito giusto per una festa».

Già, perchè c’era tutto per una vera festa, tra l’altro attesa da tempo. «Un riconoscimento che aspettavo da quattro anni, dovevo entrare nella Hall of Fame del baseball italiano nel gennaio 2021 poi c’è stato il Covid, qualche altro problema, tutti mi continuavano a dire ‘quest’anno ti premiano, è la volta buona’, ma in realtà il premio non arrivava mai».

Sabato scorso ha ricevuto il premio dalle mani del presidente federale Marco Mazzieri col quale è stato avversario sui campi. «Aveva un bel caratterino, qualche volta ci siamo anche beccati, ma senza esagerare, però era un gran bel giocatore e un rompiscatole quando si presentava in battuta, cioè non mollava mai nel box».

Capita che quando si riceve un attestato così importante, si possa ripercorrere un’intera carriera. «Mi sono tornati alla mente alcuni flash importanti: le mie statistiche le ricordo bene, un po’ meno le partite».

Il ricordo più bello? «Sicuramente il primo scudetto a Rimini, quello del 1975 e proprio quest’anno festeggeremo il 50° anniversario di quel titolo. Poi ci sono alcune prestazioni individuali: la vittoria al campionato Europeo del ‘77 contro l’Olanda, gli 11 strike-out consecutivi contro Torino che sono ancora il record, i 21 kappa in una partita da nove inning e i 29 contro Roma quando sono rimasto sul monte 18 riprese dopo aver giocato tutta la prima partita interbase. Pensare di ripeterla adesso mi sembra impossibile». Per la cronaca alcuni di quei record appartengono a Patrick Cardinali, che poi è sempre Mike, ma questa è un’altra storia...

Aggiungiamo anche la no-hit contro Parma, una delle squadre più forti di sempre in Italia? «Riuscirono a vincere 51 partite su 54 in quella stagione e fu una cosa incredibile soprattutto per la fortissima concorrenza che c’era in quegli anni. Erano in tanti a lottare per lo scudetto, c’erano sponsor importanti, giravano i soldi, gli stadi erano pieni, arrivavano in Italia giocatori stranieri dal grande potenziale, spesso con una carriera al top alle spalle. Avversari in campo, amici fuori, ricordo bene infatti che tutti venivano a festeggiare a Rimini dopo le partite».

A proposito di Rimini, c’è stato un momento in cui poteva lasciare i Pirati? «Beh, non era sicuro che dovessi arrivare a Rimini nel ‘73, Anzi, il mio coach di college doveva portarmi a Firenze, poi sono cambiate alcune cose e sono stato proposto al Rimini. Non so quanto sarei durato in Toscana, qua c’era tutto, la spiaggia, la bella vita. Poi ho sempre e solo vestito la casacca dei Pirati da giocatore. Qualche proposta me l’hanno fatta, ma Zangheri ha sempre tenuto duro, mi diceva che mi avrebbe mandato a Nettuno e poi il giorno dopo mi chiamava per firmare la conferma del contratto. A proposito di Zangheri, quando è entrato in società andava tutto bene, poi il Pres ha cominciato a capire di baseball ed è finita. Logicamente sto scherzando».

Detto che ci fu una regola fatta ad hoc per Mike Romano che giocava da straniero sul monte ma come italiano in diamante e nel box, parliamo di un giocatore da 1047 partite giocate, 100 fuoricampo, 830 punti segnati, 607 rbi, 174 vittorie sul monte di lancio, 1335 strike-out, una media pgl vita di 2.25, sette scudetti e tre coppe dei Campioni da giocatore, tre titoli italiani da manager.

C’è un segreto per reggere così tanto tempo in attività e con questi numeri? «Ho avuto la fortuna di stare sempre bene di salute, fatta eccezione per qualche piccolo infortunio. E soprattutto ho sempre cercato di divertirmi, soprattutto quando salivo sul monte di lancio. L’importanza di un pitcher è fondamentale, il 70-75% delle vittorie arrivano grazie alle prestazioni dei lanciatori. Io lanciavo forte, è vero, anche perché a quei tempi non si scherzava considerato il livello dei battitori avversari. La palla viaggiava a 92 miglia, quando è calata un po’ la velocità ho dovuto cambiare strategia: ho imparato a lanciare la palla un po’ più lenta, tiravo da sotto, mi sono arrangiato. La gente voleva vedere lo spettacolo e il divertimento erano i fuoricampo: ecco, io dovevo evitare di prenderli».

Nella carriera di Mike “palla di fuoco” c’è anche l’esperienza alle Olimpiadi di Los Angeles ‘84 quando il baseball entrò per la prima volta ai Giochi da sport dimostrativo. «Un’avventura bellissima dentro e fuori dal campo. Fu storica la vittoria sulla Repubblica Dominicana e ogni sera eravamo ospiti degli italo-americani, ricordo una cena con oltre mille persone e una marea d’entusiasmo».

Il prossimo 11 aprile Romano compirà 72 anni, ma continua ad allenare i ragazzi del Rimini 86. «Uscire dal campo da baseball è una gara dura, non ho più voglia di fare il manager, ma come allenatore mi piace ancora un sacco».

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