Niccolò Fabi in concerto al Carisport di Cesena
È una bellezza avvolgente quella che rimbalza dai brani di Niccolò Fabi, parole di senso profondo, dense di attimi vitali e di fatiche del vivere, in grado di aprirsi a sensazioni positive anche quando moltiplicate con il segno meno. Perché, come la matematica insegna, il meno per meno equivale a un più. Niccolò Fabi lascia il suo segno positivo al pubblico che stasera alle 21 accorre al Carisport di Cesena, per la quarta tappa dell’attuale Meno per meno tour. Torna a due anni dal doppio concerto sotto le stelle della Rocca Malatestiana, a sei mesi dalla sbornia di gioia vissuta nell’arena veronese, dove ha celebrato i venticinque anni di carriera. Torna al chiuso in un concerto meno roboante ma in grado di sorprendere con uno spettacolo in cui esalta la vena canora e musicale. Nella prima parte si ascolta il cantautore solo, nella seconda il musicista con gli arrangiamenti dell’orchestra Clandestina di Enrico Melozzi. Sul palco un organico di 18 musicisti e una ventina di canzoni fra successi e pezzi recenti.
Cosa cambia, Niccolò, dall’esaltazione nell’arena di Verona al ritorno nei teatri?
«Sebbene l’arena sia stata qualcosa di unico e straordinario, mai fatto prima e motivato da una ricorrenza, la mia dimensione naturale è quella della tournée teatrale, tanti concerti in cui, uno dopo l’altro, si possono perfezionare arrangiamenti, sentirsi a proprio agio nella scaletta, godersi sempre più il concerto».
Per questo tour sceglie uno stile da grande spettacolo, anche con orchestra.
«Sì, da una parte c’è una situazione direi più confortevole, con me solo in un rapporto diretto con le persone, c’è una donazione totale, nessun tipo di protezione sonora; c’è qualcosa che le persone che mi seguono hanno già sentito. È invece la prima volta che ho realizzato degli arrangiamenti orchestrali, approfitto della fiducia del pubblico per fare ascoltare ai fan qualcosa di diverso, anche di più sperimentale che confortevole».
D’altronde la musica è nata per lei prima della canzone, figlio d’arte di musicista, nonna insegnante di pianoforte, strumento che lei pure ha studiato come la batteria, prima del basso.
«È così, la musica fa parte della mia vita e in questo concerto diventa per me importante, è anche più divertente fare il musicista che il cantautore. La prima parte è più emotiva, l’aspetto delle canzoni e della scrittura è preponderante, nella seconda sono circondato da tanti stimoli sonori che mi appassionano».
Scrive le sue canzoni d’istinto o con ponderazione?
«Sicuramente ho una scrittura meno istintiva e più ponderata, con pochi “raptus” di penna; a volte ci giro attorno a lungo prima di individuare qual è la chiave giusta per raccontare una cosa. Poi magari da quando inizio a scrivere impiego poco, non sono uno che raffina troppo, perché l’opera di raffinamento toglie un po’ di emotività e pathos. Lavoro di lenta maturazione interna dell’idea».
Fra i pezzi che esegue, quali sente più impetuosi?
«Ci sono canzoni il cui valore diventa speciale anche grazie a quello che le persone danno alle stesse; così quando canto Costruire capisco che è un momento speciale perché è diventata identificativa del mio stile compositivo, e forse è la più attesa, così come Lasciarsi a Roma sul finale. Per me indubbiamente le canzoni più recenti sono le più vicine al mio stato d’animo; pezzi come Andare oltre e L’uomo che rimane al buio in questo momento sono quelle che sento di più, perché è la prima volta che le suono e dunque c’è un aspetto di sorpresa diverso».
Biglietti in vendita su Ticketone
Casse aperte dalle 16
Apertura Carisport alle 19.30