Giornata della danza: stasera speciale su Rai 5
Il mondo della danza si stringe in un grande abbraccio virtuale in questo 29 aprile, Giornata internazionale della danza Unesco, la prima in cui alla danza è vietato di andare in scena. Una risposta al bisogno di esprimersi con il corpo, anche in emergenza, arriva da Aterballetto, Fondazione nazionale della danza, centro di produzione pubblico. La compagnia reggiana invita l’Italia a unirsi stasera alle 20.55, con replica alle 24, davanti allo schermo di Rai 5 per la prima di “1 meter closer” (1 metro più vicino), risposta creativa del coreografo Diego Tortelli costruita in questi giorni di chiusura casalinga. I 15 danzatori si muovono da casa guidati da Milano dal coreografo, da Torino dalla regista video Valeria Civardi, da Londra dal musicista Federico Bigonzetti.
Anche Ravenna festival offre una collaborazione. «Questo metro di sicurezza è ciò che ci garantisce una vicinanza in un obiettivo comune» dice Tortelli.
Gigi Cristoforetti, direttore di Aterballetto, sottolinea che «il momento chiede di formulare nuovi modelli e di perseguire l’estetica conformando la creatività agli spazi in cui è possibile danzare e ai canali di fruizione disponibili».
Cristoforetti, in questi due mesi si sono visti in streaming tanti balletti e coreografie.
«Bisogna distinguere; per me uno spettacolo pensato per il palcoscenico ha senso solo se è visto in teatro. L’attività dal vivo non è riproducibile, manca della soggettività dello sguardo; di conseguenza, si smarrisce anche il tema della ritualità collettiva che pure lo contraddistingue».
Qual è dunque l’obiettivo di questo “1 meter closer”?
«Ciò che stiamo creando è un’esperienza coinvolgente ma visivamente diversa, pensata in maniera differente. In questi 20 minuti si vedono dettagli non percepibili in un teatro. Il montaggio veloce è in contrasto con la piccolezza dell’orizzonte di casa; e ognuno racconta l’oggi, tema a cui tengo».
Non rischia di essere un’opera claustrofobica?
«Nel nostro attuale momento c’è anche la claustrofobia. Ma, pure nella costrizione, il video vive della bellezza dei danzatori che creano un immaginario e gestiscono il corpo nel modo possibile ora. Stiamo già lavorando a un secondo lavoro per video».
Di cosa si tratta?
«Sarà un’opera più complessa che debutterà il 25 giugno sempre su Rai 5. Ci sarà l’Orchestra Toscanini, faremo riprese alla Collezione Maramotti d’arte contemporanea di Reggio Emilia, Simone Giorgi (“L’ultima famiglia felice”, Einaudi) è autore dello story board attorno a cui si muove la coreografia di Daniele Ardillo, mentre un’opera pittorica di Luisa Rabbia farà da sfondo. Siamo diventati un cantiere di ricerca».
Queste opere nate per uno schermo rappresentano per lei una possibilità di azione in questo momento, o le intende come opere coreografiche autonome?
«Credo che, quando le rivedremo tra un paio d’anni, ci tornerà alla mente questo tempo inaspettato che speriamo del tutto finito; ma dimostreranno anche un proprio valore assoluto, diverso da quello che può avere un’opera di palcoscenico».
È possibile dunque inventarsi “in danza” anche in questi giorni?
«La storia è piena di artisti che in condizioni anche peggiori sono riusciti a creare, a immaginare, non vedo perché tutti si paralizzano. Il nostro impegno deriva inoltre dall’essere consapevoli dell’attenzione e protezione che godiamo dalla Regione Emilia-Romagna».
Che ne sarà del nuovo “Don Juan” che avrebbe dovuto debuttare il 20 giugno a Ravenna festival?
«Vogliamo portarlo a termine, contiamo entro fine giugno di poter rientrare in Fonderia a provarlo. Se tutto andrà bene, è possibile che debutti al Teatro di Chaillot a Parigi il 14 ottobre».
Come proseguono le vostre collaborazioni romagnole?
«Positivamente; quella con Ruggero Sintoni e Accademia Perduta è a 360 gradi, dalla progettazione alla produzione. Abbiamo anche realizzato l’interessante lavoro per l’infanzia “La stella nascosta” su coreografia di Daniele Ardillo che avrebbe dovuto essere a “Colpi di scena”. Teniamo poi al nostro partner entusiasta che è Ravenna festival. Del resto, come direttore artistico, ho sempre sviluppato collaborazioni con volontà di andare oltre gli steccati disciplinari, e gusto per l’ibridazione artistica. Da quando sono arrivato in Aterballetto, oltre alla fascia alta dei grandi spettacoli, ho voluto realizzare progetti con l’infanzia, progetti speciali legati alla disabilità, reinventare un rapporto con le arti visive, per rapportarci con l’intera società».