Giancarlo Giannini: «A Rimini la mia Prima notte di quiete»

«Qui a Rimini, al Grand Hotel, ci venivo spesso con Fellini e Zurlini».

Giancarlo Giannini ospite di Simona Ventura e Giovanni Terzi alla Terrazza dolce vita del Grand Hotel di Rimini: è tripudio di folla per il grande attore e doppiatore, classe 1942, avvolto nella chioma bianca, tra le mani immancabile la sigaretta. Il pubblico è tutto per lui. Anche i gabbiani, che svolazzano tra le guglie del Grand Hotel.

«Ero molto amico di Fellini, mi chiamava il pipistrello della notte – esordisce –. Andavo a trovarlo sul set, facevo le fotografie. Sul set de E la nave va mi disse: Andremo al cinema come a un museo, non vedremo più quel fumo nella sala che faceva tanto magia. Una volta aveva con sé del parmigiano nella carta stagnola: Facciamoci una tagliatella, disse».

Altri tempi. Tempi d’oro, tempi mitici. Oggi Giancarlo Giannini vede nero sul presente e sul futuro del cinema.

«Il cinema è morto, lo diceva già Fellini e aveva ragione. I grandi capolavori sono stati fatti. Basta nominare Kubrick, Kurosawa, John Huston».

«Ero grande amico anche di Valerio Zurlini» ricorda.

E con Zurlini, a differenza che con Fellini, è stata anche collaborazione professionale. Nel film La prima notte di quiete (1972) Giancarlo Giannini è Spider, ovvero il medico Giorgio Mosca, unico della banda di personaggi sbandati, giocatori di poker, viveur notturni, veri e propri vitelloni depravati e senza morale, a stringere un legame di amicizia con Daniele Dominici/Alain Delon.

Del film che 52 anni fa fu pressoché interamente girato a Rimini, i ricordi sono oggi legati in primis al Grand Hotel, al tanto tempo passato insieme a Zurlini durante la lavorazione, ma anche in altre occasioni. «Ricordo che andavamo a mangiare in un ristorante dei moscardini fantastici».

Nel 1972 lei aveva 30 anni. Che ricordo ha del suo ruolo?

«La sceneggiatura de La prima notte di quiete prese forma mentre Zurlini stava lavorando al progetto di un film su San Paolo (Seduto alla sua destra, ndr), io dovevo fare il protagonista. Vivevo praticamente a casa sua. Mi volle nel film con Alain Delon per la parte dell’amico Spider, l’unico che aveva capito Dominici, che poi è un alter ego di Zurlini. È stato un bel ruolo per me e mi pare che sia venuto bene, lei che dice? Valerio era una persona intelligentissima, colta, non è stato abbastanza valorizzato».

È vero che il maglione verde che indossava Delon era un regalo che lei aveva fatto a Zurlini?

«È così. L’avevo comprato a Londra, dove avevo anche visto Sonia Petrova che faceva la ballerina e l’avevo segnalata a Zurlini che la prese per la parte della protagonista Vanina».

Lei fu testimone anche dei rapporti tra Zurlini e Delon che non furono buoni. Come mai?

«Una volta chiesi a Delon perché non si prendesse con Zurlini. Lui mi disse: Questione di pelle. Era proprio strano».

Ancora per Zurlini, Giannini lavorerà in seguito in veste di doppiatore. Il film è l’ultimo del regista emiliano (ma romagnolo nell’animo), Il deserto dei tartari, dall’omonimo romanzo di Buzzati. Giannini doppiò il protagonista interpretato dall’attore francese Jacques Perrin. «Ma per quel film ho fatto anche la voce del vento!». Un protagonista mica da poco.

A proposito di doppiaggio

Nella sua lunga carriera Giannini è stato la voce italiana di tantissimi attori stranieri. È stato il Jack Torrance italiano, il personaggio di Jack Nicholson in Shining: «Wendi sto arrivandooo. Sono il lupo cattivo». E Barry Lindon nell’omonima pellicola (Ryan O’Neal, entrambi film di Kubrick. Ma anche Joker in Batman (sempre Nicholson, doppiato anche per Professione: reporter di Michelangelo Antonioni).

Ma che cos’è l’attore? gli chiede qualcuno tra il pubblico.

«Un mio grande maestro è stato il grande mimo francese Jean-Luis Barrault – risponde –. Lui diceva che l’attore è colui che con il suo movimento incide lo spazio e con la sua voce incide il silenzio. È tutto lì. Il pubblico aspetta che gli racconti una favola, devi solo comunicare l’avventura, l’idea. Il compito degli attori è molto semplice, è raccontare la favola narrata dai grandi scrittori, Shakespeare, Pirandello...».

Inevitabile chiedere al protagonista di film memorabili come “Mimì mettallurgico” e “Pasqualino Settebellezze” dell suo legame con la regista Lina Wertmüller.

«Non è stata davvero valorizzata. I premi li davano sempre a me. Ma lei era eccezionale. Era un genio. Ha avuto anche un vantaggio: è stata aiuto regista di Fellini».

Questa sera venerdì 9 agosto alle 21.30 alla Corte degli Agostiniani verrà proiettato il film “La prima notte di quiete” con introduzione di Alessandro Giovanardi.

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