I temi legati a pandemia e salute al centro degli incontri della quarta giornata del
Meeting 2020 al Palacongressi dalle 11: “Alta specializzazione. Presenza territoriale, inclusività: le sfide di una sanità per tutti”; “Essere viventi, i virus nella storia della vita sulla terra”, il futuro dei sistemi sanitari dopo la pandemia; “Verso un’economia sostenibile, la sfida della ripartenza”; “Sanità pubblica: una integrazione possibile tra statale e privata?”. Non mancheranno incontri letterari con Maurizio Maggiani (17) e il “Fascino della fantascienza” (21). E, naturalmente, non mancherà Fellini.
Fellini, l’artista e l’amico
L’artista e l’amico Federico Fellini è il titolo dell’omaggio in collaborazione con la Cineteca, il Comune di Rimini, il sostegno del Gruppo Hera e con il supporto fotografico dell’archivio Riccardi, che sarà ospitato dal Palacongressi oggi alle 22 per il Meeting (e in streaming sul sito della manifestazione).
‹‹Non poteva mancare in questo anno centenario – sottolinea Francesca Fabbri Fellini che condurrà l’evento - questa serata che sarà “un amarcord”, un cenacolo di amici chiamati da me. Ciascuno racconterà “il suo Fellini” come l’amico, il maestro, il “faro” come era chiamato dai collaboratori di Cinecittà››.
Interverranno in collegamento: Giuseppe Tornatore, Sergio Rubini, Nicola Piovani, Matteo Garrone, Liana Orfei, Pupi Avati, Paolo Virzì, Carlo Verdone, Wes Anderson, Eugenio Cappuccio.
Diplomato nel 1985 al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, Cappuccio è stato assistente di Fellini sul set di “Ginger e Fred”. Nel genere della commedia ha girato successi come “Volevo solo dormirle addosso” (2004) con Giorgio Pasotti e Cristiana Capotondi; “Uno su due” (2006) con Fabio Volo e Anita Caprioli, e nel 2011 “Se sei così ti dico sì” con Emilio Solfrizzi e Belén Rodríguez, prodotto dai fratelli Avati. Suoi i film documentario: “Verso la luna con Fellini” e “Fellini fine mai” (2019).
‹‹Non volevo assolutamente fare un giga coccodrillo di Fellini››, ha detto il regista. ‹‹Lui è come una supernova, se ti avvicini troppo, evapori. Così ho messo in atto la lezione che ho appreso da lui, raccontare la vita».
Cappuccio, “Non esiste mai fine, esiste solo la passione per la vita”, diceva Fellini, e nel suo documentario lei ha raccontato il suo incontro con il regista come un’esperienza senza fine…
‹‹È stato un incontro che mi ha aperto una strada, anche come dimensione filosofica dell’esistenza. Fellini non metteva mai la parola “fine” ai suoi film, (se non ai primi su richiesta dei produttori). Costruiva il suo cinema come una retta, un raggio di luce che si proiettava all’infinito. Era anche una sorta di esorcismo narrativo della paura che aveva delle morte, che voleva tenere lontana dalla sua poetica. Per me è stata una lezione su come restare attaccato a questo mestiere così complicato. Girare un film è sempre un modo di trasformare la vita in arte››.
Come ci si sentiva accolti nel mondo di Fellini, che lei ha paragonato a una bottega rinascimentale?
‹‹Era un grande apprendistato. Il Maestro dava a ciascuno spazio di manovra, la possibilità di sentirsi inseriti nel processo di un’opera collettiva. Si avvertiva come venisse creato un cinema che aveva la forza di rompere col passato, ed era una trasformazione che ogni volta incideva sulla cultura››.
Nel documentario lei ha rivolto lo sguardo anche agli enigmatici “incompiuti” felliniani come “Il viaggio di G. Mastorna” e “Viaggio a Tulum”, esprimendo anche l’intenzione di voler girare quest’ultimo…
‹‹Fu un progetto incompiuto, ma che forse si potrebbe dire neanche mai iniziato da Fellini, se non grazie alla bellissima realizzazione a fumetti di Manara e Mollica. Sono stato coinvolto nelle fasi di ideazione del film. Da questo l’idea di un progetto che lo riprendesse. Ne sarebbe venuto fuori un resoconto sicuramente interessante, con un’idea a distanza di anni di quello che accadde e che dica perché Fellini non lo realizzò››.
Il titolo del Meeting è dedicato alla meraviglia e al sublime. Lo sguardo di Fellini era in grado, lei dice, di ‹‹produrre una realtà aumentata, potente e avvolgente››.
‹‹Quando entrai nel teatro 5 di Cinecittà, dove vidi, come seduto veramente su una tolda Fellini che dirigeva “E la nave va”, sentì veramente come la meraviglia e il sublime fossero il cinema, e in grado di condurci in un’altra dimensione, in una sfera anche spirituale, quasi una sorta di estasi. Credo che anche oggi ci siano le condizioni per provare la meraviglia, ma siamo tutti come “inscatolati”. La sfida per il futuro è rompere questo isolamento ed essere come era Fellini, interamente disposti ad aprire gli occhi, a guardare in alto. Il suo sguardo era capace di liberare mondi che io neanche avrei potuto sospettare››.