Santa Sofia: Oltreterra al via, il futuro del bosco e la gestione del territorio

Santa Sofia
  • 14 novembre 2024

A Oltreterra 2024 si parte dal bosco, come sempre, per imparare a conoscerlo, diffusamente, sempre meglio e per comprendere che dal bosco dipende la montagna, ma anche la pianura e persino la città. Sembra esagerato? Basta andare col pensiero alle alluvioni avvenute fra il 2023 e il 2024 nei nostri territori: i tronchi lasciati dietro di sé dalle acque vorticose a valle, gli argini dei fiumi poi disboscati quasi compulsivamente in più territori. Il tema della gestione forestale è diventato cruciale agli occhi di tutti dopo la calamità, così come è diventato chiaro che la gestione del bosco, a monte, incide su tutto ciò che succede a valle.

Il prologo di mercoledì

In apertura di edizione, ieri a Santa Sofia sono stati due i momenti che hanno avviato la discussione sul ruolo del bosco presentando le attività di divulgazione realizzate dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione con Alberitalia, quindi nel talk interattivo organizzato dalla nuova generazione di Oltreterra sul tema: “Tra dissesti e paesaggi possibili: dialogo sui cambiamenti socio climatici”, animato dagli interventi di giovani professionisti e attivisti.

«Il rapporto fra città e montagna, città e foresta non è quello fra due distanti parenti è un rapporto intimo che dobbiamo vivere in maniera quotidiana - ha detto Fabio Salbitano docente all’Università di Sassari e presidente della Fondazione Alberitalia nata proprio a Capaccio negli anni scorsi -. Solo con la consapevolezza che non viviamo a compartimenti stagni, possiamo cominciare a costruire un futuro più resistente alle sollecitazioni negative dei cambiamenti climatici. Da sempre la società umana dipende dal bosco, dal legno e dai frutti che ci da. Abbiamo vissuto una stasi, dimenticando l’importanza del bosco, diciamo che ora siamo entrati in una nuova era, un “neo silvocene” in cui stiamo riscoprendo come il bosco sia una componente che non può fare altro che bene alle nostre società, recuperando la memoria attiva di ciò che ha rappresentato e che rappresenterà con modalità nuove, contemporanee».

Quanti e quali boschi in Emilia-Romagna

Per ragionare sulla complessità si è partiti dai dati. L’Emilia-Romagna è “fatta” per il 30% di boschi, 638.816 ettari, secondo l’inventario del 2015, che sarà aggiornato nel 2025, erano già 26mila ettari in più rispetto al 2005, sia per nuovi imboschimenti finanziati dalla Regione, sia per l’azione naturale del bosco che per via dell’abbandono ha riconquistato pascoli e poderi.

Ma di quali boschi stiamo parlando? Il 3% di questa superficie non si sa a chi appartenga, il 14% sono di proprietà demaniale, per l’83% si tratta di proprietà private, con un grosso ostacolo: non è calcolata ad oggi la quantità di “terreni silenti” ovvero dei quali si è persa nel tempo, a volte nei secoli, la genealogia della proprietà, non esiste norma, al momento, che consenta di agire su queste superfici. «In generale l’Appennino ha una frammentazione proprietaria enorme - ha sottolineato Paolo Ferrecchi, direttore della Direzione generale cura del territorio e dell’ambiente della Regione - il che vuol dire che ci sono ampie aree abbandonate sulle quali ci sarebbe grande interesse pubblico a intervenire. Dobbiamo lavorare perché le genti di montagna riconoscano sempre di più il valore delle foreste e dare loro strumenti che prevedano benefici per chi si impegna nella gestione».

E infatti negli ultimi anni, la Regione ha avviato un percorso ambizioso per promuovere e preservare i cosiddetti “servizi ecosistemici”, ovvero i benefici prodotti da un habitat a favore di tutti anche oltre l’habitat stesso, attraverso progetti di ricerca e di sensibilizzazione.

A maggio scorso è stato istituito il “tavolo di settore forestale” ed è stato dato mandato per creare il Registro regionale dei servizi ecosistemici forestali per la valorizzazione e il riconoscimento dei benefici generati dalla gestione forestale sostenibile ad opera di proprietari di boschi, uno strumento che, una volta operativo, dovrebbe consentire di accedere alle risorse necessarie per avviare progetti virtuosi di gestione dei boschi con una prospettiva lungimirante che guardi almeno ai venti anni successivi.

Ma per alimentare una sempre maggiore “cultura del bosco” la Regione sta realizzando sei opuscoli divulgativi che raccontano il patrimonio forestale regionale in parte già stampati e scaricabili dal sito della Regione stessa. Questi i temi trattati: “Introduzione ai boschi dell’Emilia-Romagna”, “La gestione forestale sostenibile”, “Servizi ecosistemici nei boschi dell’Emilia-Romagna”, “Boschi e biodiversità”, La castanicoltura in Emilia-Romagna”, “Guida ai tagli boschivi”.

I giovani a Oltreterra

Se uno dei rischi della montagna è la perdita di saperi, Oltreterra ha dimostrato come coltivare e dare spazio a una nuova generazione di professionisti del settore forestale e umanistico-sociale e attivisti che sono intervenuti nel talk “Tra dissesti e paesaggi possibili: dialogo sui cambiamenti socio-climatici” portando le loro esperienze e competenze. Come l’associazione “Una strada per Nuvoleto”, l’associazione nata dopo l’alluvione del 2023 per salvare il borgo nelle colline di Mercato Saraceno rimasto isolato.

Racconta Marco Censi: «A Nuvoleto dopo il disastro, oggi siamo tornati in 3 famiglie su 9. L’alluvione ci ha tolto la sicurezza della nostra casa, ma quello che è successo dopo ci ha fatto capire che non eravamo soli ed è forse solo per questo che siamo riusciti a tornare. Le relazioni ci hanno salvato».

Paolo Ghinassi, climatologo del Cnr di Bologna incalza: «Da decenni la comunità scientifica mette in guardia sul cambiamento climatico, avremmo potuto affrontare una transizione soft sfruttando il tempo che avevamo a disposizione, ma l’allarme è stato ignorato dalla politica. Ora il tempo si è ristretto e pensare di contenere il rialzo delle temperature in un grado e mezzo ormai è utopia. Le persone lo hanno capito quello che sta succedendo e ogni azione che punta a ridurre le immissioni di CO2 in atmosfera conta». «Cosa possono fare i singoli cittadini ogni giorno per la montagna e per influire positivamente sul cambiamento climatico? Io applico alla mia vita quotidiana la European Deforestation Regulation - sintetizza Erica Mazza, dottoressa forestale - vivo in montagna e mi riscaldo con al legna che compro solo dal boscaiolo che fattura e certifica il taglio controllato. Se compro mobili o oggetti di cartoleria voglio che siano certificati da enti che controllano tutta la catena di produzione da foreste custodite. Tutto ciò mette a posto la mia coscienza, ma è una goccia nel mare, quello che fa la differenza sono le decisioni politiche e noi abbiamo il dovere di chiedere alla politica che si occupi del bosco e dell’ambiente». «Per il futuro della montagna è fondamentale rivendicare spazi di partecipazione su come affrontare il cambiamento climatico. Partecipare è un diritto sancito da moltissime normative, esercitiamo il nostro diritto di cittadinanza» hanno detto Patrizia Caruso e Rainer Baratti di Action Aid.

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