Sanità, la Romagna spende meno dell’Emilia
L’azienda unica sanitaria in Romagna comporta una minore spesa pro capite del 5% rispetto al resto dell’Emilia. E i costi amministrativi sono «al 46% in meno rispetto alla media regionale». Ecco perché il direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, ha «la coscienza a posto», nonostante un disavanzo di 220 milioni di euro e un bilancio dunque «sofferente». Non solo. Il direttore generale della sanità romagnola chiede alla Regione Emilia Romagna di «assumere personale», medico e paramedico, affinché dalla ricerca di efficienza arrivino anche benefici.
Gli investimenti dell’Ausl Romagna
Carradori ha portato i numeri della sanità romagnola all’attenzione del Consiglio comunale di Rimini che si è riunito in seduta aperta per discutere dello sviluppo dell’assistenza territoriale, che prevede un investimento, come ha riferito Carradori, di 53 milioni di euro, tra Case della comunità, centrali operative territoriali e centri di assistenza-urgenza.
L’emergenza Pronto soccorso
Sul fronte del pronto soccorso, il direttore generale ha osservato che si registrano all’Infermi circa 100mila accessi all’anno, di cui un quinto comporta solo una visita. E questo rappresenta un problema, soprattutto in termini di tempi di attesa che si allungano, «perché - ha argomentato - non siamo capaci di intercettare il paziente prima e così si congestiona».
I maleducati
Da fronteggiare c’è poi anche l’impazienza dei pazienti, spesso nervosi e aggressivi. Di certo, promette il direttore generale di Ausl Romagna, «darò tutto l’impegno per non lasciare solo un medico che ha a che fare con la maleducazione di chi si lamenta per l’eccessiva attesa». Il personale che subisce un’aggressione va tutelato ulteriormente. E Carradori si impegna a «sostenerlo dal punto di vista giuridico e amministrativo».
Lo sforzo, comunque, è stato compiuto, anche se non è ancora stato risolutivo. «Il personale - aggiunge Carradori - è aumentato di 400 unità in questi anni, sono raddoppiati gli psicologi e sono stati coperti 102 posti da primario». Ma è, comunque, «insufficiente e il problema che non riusciamo a risolvere è quello delle liste d’attesa». Su 3.667 interventi, sono 317 quelli scaduti e 45 quelli sospesi. Numeri che comunque non raccontano tutta la verità. Di certo, conclude Carradori, i professionisti sono «disponibili a lavorare di più e a muoversi», si sfrutta anche il privato, ma ci sono limiti «per la carenza di finanziamenti», oltre che per problemi di comunicazione, sostiene Carradori. Risorse e personale, due tasti su cui il direttore generale batte da diverso tempo.