La neurostimolazione midollare l’arma in più nella lotta al dolore

Salute & Benessere
  • 29 gennaio 2024

Il dolore è parte integrante della nostra esistenza, insito nell’atto della nascita, ci accompagna in fasi alterne e in modalità differenti fino alla fine dei nostri giorni. Ma il dolore lo si può combattere, prevenire, lenire, specie quando è conseguenza di una patologia fisica: «La legge 38/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” si prefiggeva di ridare dignità a tutti coloro che convivono ogni giorno con un dolore cronico - spiega il dottor Massimo Innamorato, direttore dell’unità operativa di terapia antalgica, neuroscienze dell’Ausl Romagna e professore di anestesia e rianimazione dell’UniBo - un obiettivo che è stato in gran parte disatteso. Sul territorio nazionale, infatti, si registra una forte disomogeneità e, peraltro, oggi il Sistema sanitario si trova a fronteggiare nuove sfide, sia in funzione dell’invecchiamento della popolazione che porta le persone a confrontarsi maggiormente con il dolore, sia perché il dolore cronico sta diventando a sua volta una patologia sempre più frequente».

Sfiancante, continuo, a volte leggero, ma costantemente presente come il suono di un martello che batte su una superficie assiduamente, il dolore cronico colpisce circa il 22% della popolazione italiana: «Il dolore cronico rappresenta un grave problema clinico e sociale - continua l’esperto - e nonostante ciò è spesso trattato parzialmente in maniera non adeguata e improvvisata, da personale medico non adeguatamente preparato».

Il dolore è un fattore determinante per la qualità della vita delle persone: «Pensiamo, per esempio, al paziente diabetico e alle complicanze di questa patologia molto invalidante. Il diabete sarà la settima causa di morte entro il 2030 (Oms) con un rischio aumentato di malattie cardiache e infarto, responsabili del 50%-80% dei decessi». Si tratta, inoltre, di una condizione che può condurre alla cecità, all’amputazione di uno o più arti e al danno renale; non considerando i costi per il Sistema sanitario nazionale di 20 miliardi di euro annui, suddivisi in costi diretti (9,6 miliardi di euro) dovuti a ricoveri ospedalieri (5 miliardi di euro) e costi indiretti (10,7 miliardi di euro).

A complicare ulteriormente la situazione è l’insorgenza della neuropatia periferica dolorosa (dpn), una conseguenza del diabete: «La dpn si presenta fino al 50% nei pazienti diabetici lungo il corso della malattia, e resta una delle principali cause di morbilità che è anche associata a un aumento della mortalità. Si manifesta con un dolore neuropatico, sintomi neurologici come la perdita di sensibilità/intorpidimento, formicolio, bruciore, riflessi alterati, riduzione della forza motoria».

Di tutti i sintomi presenti nella dpn, il dolore è il motivo più importante e più frequente per cercare assistenza medica: «Un impatto profondo, che si traduce in una bassa qualità della vita, interruzione del lavoro, disturbi del sonno e con un aumento della depressione e dell’ansia. I trattamenti raccomandati sulla base del consenso internazionale degli esperti per la dpn dolorosa sono rimasti sostanzialmente invariati nell’ultimo decennio».

Esistono vari approcci alla cura: «La neuropatia diabetica necessita di interventi farmacologici che vanno dagli antidepressivi agli oppiacei maggiori che purtroppo coprono solo una percentuale limitata del dolore. È difficile da trattare: circa il 45% dei pazienti è refrattario alle opzioni terapeutiche convenzionali disponibili; circa il 77% dei pazienti a cui è stato prescritto l’uso di antidepressivi ed anticonvulsivanti (pregabalin ecc...) per dpn, interrompe il trattamento entro 1 anno a causa di effetti collaterali intollerabili o mancanza di efficacia».

Ma esistono terapie innovative maggiormente favorevoli per la prognosi di tale patologia: «La terapia d’elezione da proporre al paziente è la neurostimolazione midollare che, interferendo con i meccanismi del dolore, blocca gli impulsi dolorosi che si generano nella neuropatia, a carico del sistema nervoso centrale. Questo permettè che il paziente non percepisca una quota importante del dolore, superiore al 50% e in alcuni casi fino anche al 90%, con un’importante riduzione dell’assunzione dei farmaci. Le ultime linee guide internazionali danno come input preciso di inserire stimolatori midollari nel paziente con neuropatia diabetica proprio per evitare l’evoluzione della patologia e il dolore connesso. In alcuni casi, inoltre, il paziente diabetico può andare incontro a vasculopatia diabetica periferica (piede diabetico) con ulcere, ischemie progressive e necrosi e, l’impianto di stimolazione midollare ricreando il microcircolo e chiudendo cicatrici e vasculopatie inferiori ai 3 centimetri, salva il piede del paziente in una importante percentuale di casi. L’unità operativa complessa della terapia antalgica Romagna, composta da quattro ospedali principali: Ravenna, Rimini, Cesena e Forlì, è in prima linea rispetto alla lotta al dolore con l’approccio neuromodulativo. L’ospedale di Ravenna rimane il centro di riferimento per i casi maggiormente complessi che richiedono terapie mininvasive di terzo livello».

Molto rimane ancora da fare. «L’obiettivo è̀ di migliorare la risposta assistenziale alla persona con dolore - conclude il dottor Innamorato - ad oggi ancora scarsa e lacunosa, attraverso una valutazione sistematica del dolore e un corretto approccio diagnostico-terapeutico. Bisogna rendere questa pratica più assidua, presente e a disposizione su tutti i territori. Non dobbiamo dimenticare che intervenire sulla neuropatia diabetica dolorosa, e in generale sul dolore cronico, significa migliorare la vita di molti pazienti e indirettamente apportare benessere a tutta la società in termini di costi diretti e indiretti».

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