Giovani sempre più fragili. Aumentano le richieste di interventi tra gli adolescenti

Salute & Benessere
  • 29 gennaio 2024

«Negli ultimi anni, le richieste di intervento ai servizi di salute mentale da parte di adolescenti e di giovani adulti sono aumentate in modo vertiginoso - spiega il dottor Michele Sanza, direttore del Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche di Forlì-Cesena -. Il fenomeno dell’incremento dei disturbi mentali tra i giovani, che è presente da più di un decennio, ha subito un’ulteriore e improvvisa impennata nel periodo del lockdown. Una misura di sanità pubblica indispensabile per far fronte alla gravissima emergenza Covid, ma non si può nascondere che gli effetti della chiusura delle scuole e di altre misure, che hanno portato i bambini e i ragazzi a vivere relegati in casa, abbiano avuto delle importanti conseguenze sul loro comportamento e sul loro stato di salute mentale».

La fascia di età 14-25 anni è sotto la lente di ingrandimento della Regione Emilia Romagna già dal 2017, quando sono state definite le linee di indirizzo per il trattamento della psicopatologia degli adolescenti e dei giovani adulti: «La domanda di salute mentale è mutata: sempre più spesso si presentano ai nostri servizi persone con disturbi che definiamo “esternalizzanti”, come i disturbi della regolazione emotiva, i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi e della condotta, le dipendenze patologiche. Sono condizioni che si manifestano prevalentemente attraverso sintomi comportamentali, quindi ad alta espressività. Non mancano del resto i disturbi “internalizzanti” che coinvolgono prevalentemente la sfera dell’umore e dell’ansia».

Varie le cause di questo fenomeno. «La salute mentale della popolazione risente degli stili di vita, della cultura e dei cambiamenti sociali: non c’è bisogno di citare l’arcinota definizione di “società liquida” di Bauman per comprendere che i rapidi cambiamenti degli ultimi anni hanno comportato una modifica profonda dei legami sociali indebolendo i meccanismi alla base della formazione della personalità. Sul piano della comunicazione e dei social, per esempio, vengono privilegiati stili di vita e modelli di comportamento spesso irraggiungibili che per i più fragili sono una condanna a sentimenti di fallimento e di esclusione».

Si tratta di un grave problema di salute pubblica che tocca dal vivo molte famiglie e che pone un’ipoteca sul benessere futuro di tanti ragazzi: «Per fronteggiare questa nuova epidemiologia è fondamentale la rete e l’integrazione tra i servizi. Negli ultimi anni, abbiamo lavorato in maniera molto intensa per ottenere un Dipartimento di salute mentale che sia in grado di offrire risposte altamente personalizzate, frutto dell’integrazione di diverse competenze disciplinari. Per favorire l’incontro tra il bisogno e le competenze più adeguate, in particolare nell’età della transizione, è necessario che i professionisti appartenenti a servizi diversi lavorino insieme, superando gli steccati che ci sono sempre nelle organizzazioni. Per realizzare queste sinergie, le diverse unità operative del Dipartimento, il Centro di salute mentale, il Servizio per le dipendenze e la neuropsichiatria infantile cooperano in modo strutturato per fornire percorsi, e non singole prestazioni, adeguate ed efficaci. Questa evoluzione organizzativa, che mette in primo piano l’integrazione tra servizi diversi, risponde a precise esigenze di tipo epidemiologico. Oggi, ad esempio, la comorbilità tra i disturbi psichici e le dipendenze è quasi diventata la norma, ed è necessario che il Centro di salute mentale e il Servizio dipendenze patologiche operino in maniera fortemente coordinata per rispondere tempestivamente alle richieste ed evitare doppie prese in carico».

Anche la rete con l’esterno è importante: «Nelle scuole siamo in contatto con gli psicologi degli sportelli e realizziamo interventi di prevenzione focalizzati prevalentemente sulle problematiche delle dipendenze patologiche. Abbiamo attivato un progetto per formare gli insegnanti a riconoscere i segnali di disagio dei loro studenti, fornire una prima risposta e indirizzare eventualmente la domanda al servizio più competente su quel problema. Questo progetto è volto alla conoscenza delle abilità dello skills training della terapia dialettico comportamentale (dbt), la modalità maggiormente efficace e riconosciuta dalle linee guida internazionali per aiutare i giovani con difficoltà nell’area della regolazione delle emozioni. Quelle “crisi” che si manifestano nelle aule scolastiche, spesso etichettate come attacchi di panico, sono l’espressione di una sofferenza emotiva che, se compresa e contenuta, può rientrare, evitando il ricorso ai presidi sanitari. È fondamentale normalizzare queste manifestazioni; può accadere, infatti, che l’intervento dell’ambulanza e l’arrivo in Pronto soccorso facciano detonare una situazione che avrebbe potuto risolversi diversamente, se contenuta e compresa immediatamente. Il rischio, in questi casi, è che l’adolescente finisca nel vortice del ritiro e della fobia scolare».

Oltre la scuola, esistono altri punti strategici da presidiare in vista di una prevenzione e di un intervento precoce: «Siamo presenti nei contesti del divertimento, dove incontriamo molti giovani, svolgendo opera di informazione volta ad incrementare la consapevolezza sui comportamenti a rischio (Notte Rosa, Bianca, al mare d’estate, ecc.). Altro fronte di integrazione è il raccordo con i servizi sociali degli enti locali per gli interventi nei confronti delle persone più disagiate che incontriamo nei contesti della marginalità sociale».

A proposito della presa in carico, «è’ vero che i servizi chiave chiamati a rispondere all’incremento della psicopatologia adolescenziale, in particolare la Neuropsichiatria infantile, hanno delle liste d’attesa per la prima visita programmata non del tutto soddisfacenti (anche se negli ultimi due anni abbiamo migliorato la risposta anche in questo settore); posso, però, affermare con certezza che tutte le emergenze e le urgenze vengono accolte immediatamente ricevendo una risposta mirata».

Nonostante la richiesta di presa in carico presso i servizi pubblici sia in costante aumento, lo stigma della malattia mentale sopravvive: «Di certo esiste un retaggio culturale e dinamiche resistenti a cambiare questa mentalità. Dobbiamo riconoscere che questi retaggi persistono anche per nostra responsabilità: tranne alcune eccezioni come “L’Acchiappasogni” di Forlì (Centro per il disagio adolescenziale), non siamo ancora in grado di offrire ambienti adeguati alla domanda di cura dei giovani e delle loro famiglie. Mi riferisco alla necessità, sottolineata anche dalle linee di indirizzo regionali sulla psicopatologia della fascia 14-25 anni, di avere sedi de-stigmatizzate, accoglienti, che garantiscano la facilità di accesso e la gradevolezza dell’ambiente nella scelta dei colori, della qualità degli arredi: in sintesi il confort dei setting clinici in cui riceviamo le persone che per noi è l’equivalente della asepsi della sala operatoria per il chirurgo».

Si può fare ancora di più. «Nel corso degli ultimi anni abbiamo sviluppato linee di indirizzo “evidence based” per le principali patologie psicologiche e psichiatriche, dai disturbi di personalità, alle psicosi fino ai disturbi del comportamento alimentare. Abbiamo formato gli operatori a lavorare insieme, superando le barriere dei servizi di appartenenza e abbiamo aumentato le psicoterapie, che sono gli interventi elettivi per la psicopatologia degli adolescenti e dei giovani. Ma non possiamo dire di essere del tutto soddisfatti dei risultati ottenuti. C’è un problema generale di risorse, e questo non è un modo per porre altrove le responsabilità, ma è bene ricordare che la salute mentale in Italia è il fanalino di coda dei Paesi europei; da noi si spende solo il 3% (in Emilia Romagna il 3,5%) del Fondo sanitario nazionale, contro l’8% di Francia e Germania, per esempio. Inoltre, le nostre strutture devono continuamente migliorarsi, adeguarsi ai bisogni che diventano ogni giorno più elevati e che richiedono risposte specialistiche e intensive. Credo che non ci si debba mai sentire soddisfatti perché la ricerca, attraverso l’innovazione delle risposte più efficaci ai problemi di salute mentale dei giovani, è una priorità assoluta».

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