“A me gli occhi” quando la medicina sfrutta l’effetto dell’ipnosi

Salute & Benessere
  • 31 maggio 2024

FORLI’. «La forza della mente è enorme» commenta il dottor Angelo Coffa, specialista in anestesia e rianimazione all’ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, riferendosi all’ipnosi clinica, una tecnica utilizzata sempre più spesso in ambito medico, specialmente nella gestione del dolore: «Sta per essere attivato all’interno dell’ospedale - continua l’esperto - un ambulatorio di ipnosi, che amplierà le prestazioni offerte dal nosocomio di Forlì (terapia antalgica e agopuntura) e al quale si accederà, previa indicazione posta dall’ambulatorio di terapia antalgica, mediante una normale prestazione ambulatoriale». Il dottor Coffa, con altri colleghi medici e infermieri dell’Ausl Romagna, ha partecipato a un corso annuale di formazione sull’ipnosi clinica al Ciics di Torino: «A Rimini esiste già un percorso stabilito per prestazione di ipnosi intraospedaliera, attivabile in tutti quei casi in cui vi è necessità di gestire l’ansia e lo stress del paziente per una procedura medica, come per esempio quando un paziente claustrofobico non riesce a sottoporsi a una risonanza magnetica».

L’ analgesia ipnotica è uno degli argomenti più studiati in ambito medico, e mal di schiena, cefalee, fibromialgia, dolore neoplastico, sono tutte quelle forme di dolore cronico che possono essere trattate: «L’ipnosi è uno stato di vigilanza modificato e indotto e si basa su un’intensa rappresentazione mentale di un’idea, vissuta come se fosse reale e capace di determinare risposte psicosomatiche reali, messe in atto dall’organismo. Per esempio, se un paziente sta immaginando di correre, a livello corporeo si verificherà un aumento della frequenza cardiaca e una variazione della pressione arteriosa, sebbene il corpo sia effettivamente fermo».

Qualche volta capita di vivere una condizione simile, spontaneamente e inconsapevolmente, nella vita quotidiana: «A chi non è mai capitato di percorrere il solito tragitto, dal lavoro a casa per esempio, senza essersene reso conto, perché assorto nei propri pensieri? In questo caso si parla di “trans ipnotica”, un fenomeno abbastanza frequente, che avviene quando si è molto concentrati su qualcosa che orienta tutta la nostra attenzione; uno stato dal quale si riemerge non appena qualcosa ci richiama al mondo circostante, come il suono di un clacson o un semaforo che diventa rosso».

L’elemento immaginativo è proprio il cardine del processo di ipnosi clinica. «La nostra attività cerebrale consta di varie funzioni. Una logica, che si basa su ragionamento, progettazione, attenzione e precisione quando si svolge un lavoro; esiste poi una funzione critica che valuta i pro e i contro di ogni singola situazione e che ha a che fare con comprensione, diffidenza, verifica fino ad arrivare alla censura. È quella che ci porta a non fidarci delle situazioni e a desistere. Infine, un’attività immaginativa che si basa sulla fiducia, sull’emozione e sull’istinto. Ecco, l’ipnosi agisce proprio su quest’ultima, agganciandosi agli scenari immaginativi del paziente stesso. Per fare ciò, si deve cercare di eliminare il fattore critico, che è quello che maggiormente si oppone allo stato di ipnosi».

Per condurre una persona in una condizione di ipnosi, bisogna prima di tutto stabilire un rapporto di fiducia: «Per far sì che il paziente possa lasciarsi andare a uno stato di completo abbandono, c’è bisogno che sia messo al corrente di tutti i passaggi e che si sia instaurata con lui una buona relazione». Poi si passa a stimolare pensieri positivi utili al benessere del paziente: «L’ipnosi è più profonda e incisiva di varie tecniche di rilassamento che si basano solo sulla respirazione, anche se l’induzione dello stato ipnotico parte proprio dalla respirazione. Inizialmente si chiede al paziente di chiudere gli occhi per concentrarsi sulle parole da seguire, per poi indurre il rilassamento che è accompagnato da una serie di modifiche corporee, come un calo della tensione muscolare e un rallentamento della frequenza cardiaca».

Successivamente si procede con la fase dell’ipnosi vera e propria: «In realtà è il paziente a fare tutto. Prima di iniziare la seduta, gli si rivolgono alcune domande relative a preferenze rispetto a luoghi, come mare o montagna, per esempio, perché poi queste informazioni saranno utilizzate durante l’esercizio. Una volta raggiunto lo stato di rilassamento, si chiede al paziente di immaginare un luogo, reale o immaginario, nel quale recarsi con la mente e dove imparare a sperimentare uno stato di completo benessere. Si tratta di un luogo sicuro, magico, in cui il paziente si sente a suo agio e protetto».

In tutta la seduta, il paziente rimane vigile: «Durante tutto il percorso, si interloquisce con il paziente, che risponde alle domande pur rimanendo nello stato di ipnosi e nel frattempo si inseriscono una serie di metafore atte ad allontanare le paure o il dolore». Nella parte finale dell’ipnosi si danno istruzioni al paziente per l’autoipnosi: «Si insegna al paziente ad associare un gesto, come per esempio chiudere una mano a pugno, a questo stato di coscienza alterato, così da andarlo a ritrovare da solo, ogni volta che se ne sente la necessità. Infine, si ritorna allo stato di normale vigilanza, dove rimane una sensazione di tranquillità e benessere».

Sono molte le situazioni in cui si può mettere in atto l’ipnosi o l’autoipnosi: «Ci sono persone che non possono ricevere l’anestesia perché allergici, come la paziente di cui ci siamo occupati io e il dottor Armando Criscuolo (esperto in agopuntura) qualche mese fa, sulla quale, utilizzando l’ipnosi in associazione con l’agopuntura, senza l’utilizzo di farmaci, è stata effettuata una procedura complessa di estrazione dentaria all’ospedale di Forlì. L’autoipnosi è utile in tutti quei casi in cui, per esempio, un paziente claustrofobico è impossibilitato a sottoporsi a una risonanza magnetica o semplicemente deve entrare in un ascensore. Per queste persone è quasi miracoloso sdraiarsi sul lettino della risonanza magnetica e immaginarsi di essere su un lettino in spiaggia, disinteressandosi di quello che gli succede attorno. E poi, come detto precedentemente, è estremamente efficace in tutte quelle condizioni di dolore sia acuto che cronico».

La possibilità di indurre uno stato di ipnosi o autoipnosi dipende dal livello di suggestionabilità del paziente: «Circa il 10 % della popolazione fa fatica ad andare in ipnosi, probabilmente perché la parte critica è molto elevata, e non si fidano o hanno paura, mentre l’80 % va in ipnosi abbastanza facilmente e un altro 10% molto facilmente. Si tende a non utilizzarla su bambini troppo piccoli, perché non collaborano, e nemmeno su pazienti che presentano problemi neurologici importanti, decadimento cognitivo e disturbi psichiatrici. Nella terapia del dolore ogni paziente risponde diversamente all’ipnosi: c’è chi, dopo qualche seduta, vede sparire completamente il dolore e chi ne trae un miglioramento considerevole. L’efficacia dell’ipnosi è di alzare notevolmente la soglia del dolore, rendendo quello presente meno intenso fino a farlo scomparire o diventare un leggero fastidio, che non va più a inficiare la qualità della vita del paziente. I meccanismi cerebrali collegati all’ ipnosi non sono ancora stati chiariti del tutto dalla medicina, mentre l’effetto sul cervello dell’ipnosi è stato dimostrato scientificamente, attraverso varie indagini come la risonanza magnetica funzionale che vede le aree del cervello che si attivino durante l’ipnosi; per esempio se al paziente facciamo immaginare di correre si attivano le aree cerebrali legate al movimento. Tutto ciò accade, perché la nostra mente ha capacità enormi ancora non del tutto esplorate».

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