«Uscire dalla violenza? Bisogna riconoscerla e avere gli strumenti». L’intervista a Chiara Baiocchi, responsabile regionale Osservatorio violenza e suicidi

Rimini

Quali sono le forme di violenza contro le donne e quali sono i modi per potersene liberare. Anche quest’anno sono in programma numerosi incontri e manifestazioni per richiamare l’attenzione su un tema, quello della violenza contro le donne, che persiste nel dimostrarsi sempre troppo attuale. E se le botte lasciano i lividi, segni visibili sul corpo della vittima, «la manipolazione mentale, il controllo, il condizionamento psicologico ed economico sono trasparenti, subdoli, striscianti», osserva l’avvocata matrimonialista riminese Chiara Baiocchi, responsabile regionale Osservatorio violenza e suicidi, tra gli organizzatori del convegno intitolato “Empowerment femminile” previsto per venerdì 29 novembre alle 15.30 al centro congressi Sgr. «Quel tipo di violenza - continua la legale - è quindi ancora più difficile da dimostrare di quella fisica, il che fa sentire la donna che la subisce sempre più sola nella difficoltà di essere creduta dagli altri. Per questo è importante che una donna abbia gli strumenti per riconoscere le situazioni di pericolo e le risorse per ritrovare se stessa e la sua strada».

Avvocata, ci sono atteggiamenti o parole, che all’inizio di una relazione possono essere considerati avvisaglie di futuri comportamenti violenti?

«Gli uomini che poi si rivelano violenti sono subdoli, narcisisti. La maschera che si cuciono addosso a volte rende difficile capire il loro vero animo e le loro vere intenzioni e ancor più lo è quando, dopo i primi tempi di coccole e passione, diventano freddi, arroganti, impositivi. Alle prime uscite, queste persone sono spesso quelle che dopo due serate insieme ti dicono di voler stare per sempre insieme a te, che ti vogliono sposare e costruire una famiglia insieme. Quelli che alla seconda uscita ti dicono “sei mia”, “non deve averti nessun altro”, “devi stare solo con me”. Ecco, queste parole che esprimono un senso di possesso devono fare scattare un campanello d’allarme».

Nel corso della relazione, quali comportamenti non devono essere sottovalutati?

«Essere indipendente dal punto di vista economico è determinante per poter conservare la libertà di dire basta e cambiare strada. Gli uomini che minano la tua possibilità di lavorare, o quelli che ti fanno pesare di dipendere da loro, vanno allontanati. Frasi dal contenuto svalutante come “senza di me non vai da nessuna parte”, o “senza di me non vali niente” sono pericolose, soprattutto se dette a donne che da bambine hanno vissuto in schemi familiari di questo tipo o che hanno subito ferite alla propria autostima, che non hanno un’adeguata considerazione del valore di loro stesse».

Dove possono arrivare mariti e compagni che hanno questi atteggiamenti?

«L’evento più grave è chiaramente quello del femminicidio. Anche a Rimini ne sono successi tanti, il pubblico ministero Davide Ercolani, che parteciperà al convengo, mostrerà le immagini crude delle aggressioni subite dalle donne. Serve per dimostrare che da piccole parole che sembrano innocue si può arrivare a un livello di violenza inimmaginabile. Ma sotto l’assassinio ci sono le botte quotidiane, le minacce di ucciderti o di portarti via i figli e non farteli vedere mai più, il controllo, la manipolazione, gli insulti. E quel che è peggio è che tra vittima e carnefice spesso si instaura una dinamica patologica in cui la vittima sente di non poter vivere senza colui che la maltratta. Lui, che d’altra parte è quello che dopo le botte e gli urli, torna chiedendo scusa, dicendosi pentito e innamorato.

Noi nel nostro convegno cerchiamo di mostrare gli strumenti a disposizione delle donne per riconoscere e liberarsi da queste dinamiche e vivere libere dalla violenza».

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