Strage di Bologna, l’ergastolo a Bellini: così è stato smontato l’alibi della partenza da Rimini, il ruolo di Gelli e dei Servizi segreti
BOLOGNA. «Dal quadro probatorio emerge con assoluta certezza la piena colpevolezza di Paolo Bellini in ordine agli orrendi delitti a lui contestati». Questo perché, scrivono i giudici della Corte d’Assise d’appello di Bologna nelle motivazioni della sentenza (del luglio scorso) con cui hanno confermato la condanna all’ergastolo dell’ex esponente di Avanguardia nazionale per concorso nella strage del 2 agosto 1980 (alle 10.25 l’esplosione), «non solo la ‘catena indiziaria’ a suo carico emersa nel processo di primo grado è risultata granitica e inequivocabile, ma è stata ulteriormente supportata dalle risultanze istruttorie espletate in grado di appello». In primo luogo, scrivono i giudici, dal video girato quel giorno in stazione a Bologna dal turista Harald Polzer e «dal riconoscimento da parte dell’ex moglie Maurizia Bonini, supportato dagli esiti della consulenza fisioniomica, è provato senza ombra di dubbio che Bellini era alla stazione di Bologna pochi minuti prima e pochi minuti dopo la micidiale esplosione».
Di conseguenza, «è anche senza ombra di dubbio provata la falsità dell’alibi esposto da Bellini, alibi raffinatissimo organizzato nei minimi particolari ed eseguito altrettanto abilmente», e rivelatosi falso «solo perché Polzer decise di filmare l’arrivo del treno su cui era a bordo la sua famiglia pochi istanti prima dell’esplosione, documentando quindi la presenza di Bellini sul primo binario».
Un alibi preordinato
L’alibi in questione, ritenuto “preordinato” dai giudici, è quello relativo al viaggio che Bellini e i suoi familiari fecero il 2 agosto per recarsi in vacanza al passo del Tonale: l’imputato che ha sempre sostenuto che era già in viaggio verso il Tonale al momento della strage, mentre per l’accusa e per i giudici di primo e di secondo grado Bellini e i suoi familiari partirono da Rimini più tardi, intorno all’ora di pranzo.
Per la Corte d’Assise d’appello bolognese è dunque «provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la consapevole e premeditata partecipazione attiva di Bellini alla strage», mentre «l’ipotesi alternativa fornita dall’imputato e dalla sua difesa non solo si è rivelata- secondo i giudici- palesemente falsa, ma è anche intrinsecamente, assolutamente e manifestamente inverosimile». Da un lato, si legge infatti nelle motivazioni, «appare evidente che Bellini ha voluto crearsi un fortissimo alibi coinvolgendo persone a lui legate da vincoli di parentela, che non avrebbero potuto negargli l’aiuto richiesto», e dall’altro «va sottolineato che l’ipotesi alternativa prospettata in primo grado, nei motivi di appello e persino nelle arringhe difensive, vale a dire che Bellini era stato dal 2 agosto in ferie al Tonale, è stata letteralmente demolita dallo stesso Bellini quando ha dichiarato che il 3 e il 4 agosto non era in vacanza al Tonale, ma si era precipitato alla Mucciatella perché convocato dal padre su richiesta di Ugo Sisti», all’epoca procuratore capo di Bologna.
In conclusione, scrivono i giudici, «il giudizio di colpevolezza su Bellini deve essere confermato, non essendoci dubbio alcuno sulla sua partecipazione alla strage». Attentato che, sia per la Corte d’Assise che per la Corte d’Assise d’appello, fu eseguito da «un commando terroristico composto da più cellule costituite a loro volta da più soggetti provenienti da varie organizzazioni eversive di destra, uniti dal comune obiettivo di destabilizzare l’ordine democratico o, comunque, anche da soggetti legati ad apparati istituzionali ‘deviati’ disponibili a partecipare a gravissime operazioni delittuose per ricevere in contropartita agevolazioni, protezioni ed anche compensi in denaro».
Il ruolo dei Servizi segreti e della loggia P2 di Gelli
Tra i soggetti indicati dai giudici «vi era senza ombra di dubbio il latitante Paolo Bellini», la cui presenza alla stazione di Bologna al momento della strage «era finalizzata o a trasportare, consegnare e collocare quantomeno parte dell’esplosivo utilizzato oppure, a prescindere dal trasporto, dalla consegna e dalla collocazione dell’esplosivo, a fornire un materiale supporto all’azione degli altri compartecipi, nella piena consapevolezza che nella sala d’aspetto di seconda classe sarebbe stato collocato un micidiale ordigno». Inoltre, secondo la Corte «il quadro probatorio evidenzia che gli autori materiali della strage sono stati coordinati nell’esecuzione da funzionari dei servizi segreti e da altri esponenti di apparati dello Stato ‘deviati’, che a loro volta hanno risposto alle direttive dei vertici della P2, il cui capo indiscusso Licio Gelli ha sia direttamente finanziato la strage, sia organizzato ripetute operazioni di depistaggio, anche mediatico». Di questa operazione di depistaggio «meticolosamente organizzata», si legge nelle motivazioni depositate oggi, «gli esecutori materiali erano perfettamente consapevoli, e in particolare lo era Bellini che, da latitante ricercato, aveva un rapporto diretto e personale con il procuratore di Bologna Ugo Sisti, che per quanto riferito dallo stesso Bellini in appello, violando il giuramento di fedeltà al Paese e commettendo gravi reati lo ‘copriva’ e lo ‘proteggeva’ da anni assieme ad altri appartenenti ad apparati istituzionali».