Si licenzia dalla banca e da Rimini vola negli Usa: “Qui c’è la meritocrazia”

Rimini

Da Rimini all’Arizona, «la terra della meritocrazia». Finora ha «abitato in quattro Stati americani (New York, Florida, California, Texas e Arizona) e organizzato vacanze in altri sedici» ma c’è ancora tempo per visitarli tutti e 50. Lui è Marcello Quieti, 40enne riminese, che si è laureato in Economia e management nel 2007, per lavorare in banca a San Marino finché, un bel giorno, si è stufato di tutto e si è licenziato, tra lo stupore e la preoccupazione dei familiari. A assicurargli un altro futuro è stato un amore di vecchia data, quello per i viaggi. Oggi che ne è passata di acqua sotto i ponti, sogna in inglese e talvolta fatica a parlare in italiano. Era il 2012 quando, per gestire una gelateria, è volato a New York dove è rimasto per circa due anni in un continuo andirivieni con la Romagna. Non concretizzandosi il visto che desiderava, è tornato un anno in Italia, mettendo in standby la Grande Mela, per lavorare alla Technogym di Cesena dove ha conosciuto la futura moglie, appena rientrata dall’Australia, che sposa nel 2016 a Brisighella in provincia di Ravenna, paese d’origine dell’ora 33enne Nicole Malpezzi.

Quieti, dove vi siete diretti dopo la parentesi cesenate?

«Dopo un anno, siamo ripartiti alla volta della Florida per aprire, in un centro commerciale di Orlando, una gelateria tutta nostra. Un’esperienza di due anni che non è andata benissimo perché oltreoceano l’e-commerce si era già imposto. Così ho accettato un lavoro per PreGel, un’azienda emiliana leader nella pasticceria e gelateria, dove sono rimasto come responsabile territoriale della distribuzione, per sei anni, nel sud degli Stati Uniti. Un’occasione, questa, per trasferirci in Texas a Dallas ma anche per visitare realtà di nicchia come l’Arkansas e l’Oklahoma. Infine la svolta quando, stanchi di una metropoli tutt’altro che verde, siamo volati in Arizona per collaborare con un’azienda, ribattezzata “Sogno toscano”, che importa prodotti alimentari di qualità dall’Italia per rifornire hotel e ristoranti».

Cosa l’ha conquistato dell’Arizona?

«Il paesaggio mutevole che passa dai cactus del deserto ai pini di montagna. Ora viviamo a Flagstaff, una gemma incastonata a 2mila metri di altitudine, un’ora a sud del Gran Canyon. Dire addio alle estati torride di Dallas è stata una gioia ma non è detto che l’Arizona sia la nostra destinazione definitiva».

Perché lasciare le certezze per un futuro a stelle e strisce?

«A spingerci è sempre lo spirito di avventura, ma anche il desiderio di scoprire nuovi posti e altre culture. Nonostante non sia più quella di vent’anni fa, l’economia americana regge ancora e dà l’impressione a chiunque di poter realizzare qualunque sogno anche se, va detto, la competizione è crudele e lascia indietro chi non tiene il passo. A prevalere, però, è la meritocrazia, senza i favoritismi sistematici del Belpaese. Ripeto spesso che l’Italia è come un bambino promettente ma che non si applica abbastanza. Resta il fatto che su vari fronti gli States sono avanti anni luce all’Europa si può vendere casa in videochiamata con il notaio alla modica cifra di 80 dollari. Detto questo, non mancano le contraddizioni neanche negli States, come nel caso delle riserve indiane dove predominano problemi come la piaga dell’alcolismo, la miseria e la perdita dell’identità».

Una carrellata sui gusti americani in fatto di cibo?

«Uno dei primi ricordi è la delusione provata entrando in un ristorante di Dallas chiamato “Piada” dove non c’era traccia del prosciutto né... della piada. Più in generale negli States manca una spiccata cultura del cibo ma nelle metropoli si mangia sempre meglio grazie a emigrati o chef statunitensi formati in Italia. Quanto al gelato, va purtroppo per la maggiore quello di bassa qualità. Tra le carni che non ti aspetti, segnalo invece cervo e bisonte mentre un contorno particolare è costituito dalle foglie del cactus che hanno un sapore dolciastro».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui