"Scuola senza zaino": Rimini prova il modello finlandese
Il tema della didattica alternativa e delle possibili evoluzioni dei percorsi di formazione tradizionali, è un argomento che trova a Rimini un ricco panorama di sperimentazioni. Sono diverse infatti sul territorio le scuole che negli ultimi anni - prima della pandemia - si erano attivate per provare nuovi percorsi di didattica innovativa per il primo ciclo di istruzione.
Il progetto della “Scuola Senza Zaino”, avviato nel 2017 in diverse scuole primarie del territorio, è uno dei primi esempi in questo senso. Un metodo che promuove le potenzialità socializzanti ed inclusive della scuola con un tipo di insegnamento che supera il tradizionale approccio della trasmissione dei contenuti e stimola un coinvolgimento più attivo da parte degli alunni. Ricordiamo infatti che nelle classi senza zaino non c’è la cattedra, gli alunni sono seduti a gruppi attorno ad un tavolo e lavorano insieme guardandosi in faccia. I momenti di insegnamento tradizionale sono intervallati dal lavoro degli alunni che fanno un’esperienza globale in cui si attivano tutte le dimensioni proprie dell’individuo (cognitiva, corporea, relazionale, affettiva, emotiva...).
Erano una decina le classi che a Rimini, all’inizio del 2020, avevano avviato percorsi didattici di questo tipo, un’esperienza interrotta dalle esigenze di distanziamento imposte dalla pandemia, ma che in alcuni casi, è stato possibile continuare, mettendo in campo anche altre forme di didattica alternativa. Altre scuole infatti hanno scelto di intraprendere percorsi innovativi come il “Modi Mof”, modello organizzativo finlandese, che ha un approccio in cui si cerca di ridurre la lezione frontale in favore di una didattica prettamente laboratoriale e favorisce l’apprendimento cooperativo. Oppure il modello “Flipped Classroom”, della scuola ‘capovolta’, in base al quale si propone di preparare a casa gli alunni, prima di affrontare ogni tema, con video e letture che l’insegnante rende disponibili sulla piattaforma didattica. Ed infine anche il modello “Service Learning” che è una proposta pedagogica finalizzata ad unire il ‘service’ - ovvero l’aspetto della cittadinanza, le azioni solidali o il volontariato per la comunità - ed il ‘learning’, cioè l’acquisizione di competenze professionali, metodologiche, sociali e soprattutto didattiche, affinché gli allievi possano sviluppare le proprie conoscenze e competenze attraverso un servizio solidale alla comunità.
Insomma diverse sperimentazioni e nuovi approcci messi in campo con la consapevolezza che la didattica tradizionale, basata su un approccio esclusivamente trasmissivo, uniforme per tutti, non è più in linea con le esigenze della società moderna, nella quale è di fondamentale importanza tener conto delle diversità e delle unicità e promuovere lo sviluppo, a fianco degli apprendimenti nelle discipline, delle abilità sociali, relazionali e negoziali, indispensabili per formare i cittadini di una società democratica.
“La pandemia - dichiara la vice sindaca Chiara Bellini - ci ha messo davanti agli occhi l’evidenza di quanto l’essere umano sia fragile se privato delle relazioni e della socialità. La necessità anche di una presenza fisica che deve sempre garantire la scuola e che è un fattore fondamentale per i nostri ragazzi. La scuola del futuro deve sviluppare il proprio potenziale in termini di educazione alla socialità, all’empatia, alla gestione dei sentimenti e delle emozioni, alla responsabilità, all’inclusione e alla solidarietà. Una tensione all’innovazione cha passa anche ad esempio nel ripensare gli spazi, la distribuzione degli arredi, la riprogettazione dei tempi e delle attività per promuovere una didattica attiva, coinvolgente e decisamente inclusiva. Un impegno che l’amministrazione comunale ha sempre messo in campo in questi anni, nonostante le soste imposte dalla pandemia, e continuerà a sostenere in futuro, con percorsi di ricerca didattica e innovazione pedagogica, sempre in stretta collaborazione con le scuole del territorio.”