Romagna. Il meteo nel weekend con la “magia” dell’inversione termica: caldo in montagna, freddo in pianura e sulla riviera
ROMAGNA. Montecopiolo è a 915 metri di altitudine, il più alto comune della Romagna. In questi giorni (sabato) è prevista una temperatura massima di 15 gradi. Nello stesso giorno a Pennabilli (629 metri) ne sono previsti 17. Rimini, il loro capoluogo di provincia, che è sul mare, arriverà al massimo a 10. Brisighella, sulle colline a ridosso di Faenza, domenica arriverà a 13 gradi. Ravenna, il suo capoluogo, arriverà al massimo a 10 e come minime toccherà un grado sotto zero. A Santa Sofia e Premilcuore, nell’Appennino Forlivese, domenica si prevede una massima di 17 gradi. A Verghereto sabato si toccheranno i 14 gradi. Insomma: caldo in montagna, freddo in pianura. Le previsioni sono del sito 3BMeteo. Il fenomeno è quello della inversione termica.
Il fenomeno inversione termica
«In queste giornate», spiega il meteorologo di 3bMeteo Edoardo Ferrara, «caratterizzate dall’anticiclone subtropicale abbiamo parlato di temperature miti per il periodo e spesso sopra la media, non propriamente invernali. Tuttavia vi sono delle aree dove il freddo invernale resiste, con anche intense gelate: non si tratta di freddo provocato da irruzioni artiche o continentali, ma indotto in loco dal cosiddetto processo di inversione termica, quanto basta per domandarsi da chi ne è coinvolto dove siano queste temperature miti visto che fa freddo. Facciamo dunque chiarezza su questa dinamica».
L’assenza di vento
«In Italia», prosegue, «sovente siamo interessati dall’anticiclone subtropicale anche in inverno, dunque caratterizzato dall’afflusso di masse d’aria mite o calda. Queste si palesano con facilità in estate ma in inverno possono trovare un ostacolo: laddove la configurazione orografica lo permette, quindi vallate alpine/appenniniche e in generale la Valpadana che è chiusa per tre quarti da Alpi e Appennino, l’aria fredda sedimenta al suolo e non si avverte la mitezza. Durante infatti le lunghe notti invernali la superficie si raffredda per il cosiddetto irraggiamento notturno, accumulando dunque aria fredda che si stratifica e sedimenta in quanto più pesante dell’aria calda. Questo processo di sedimentazione e accumulo viene favorito da due fattori: in primo luogo dall’assenza di vento, tipico delle giornate anticicloniche, che quindi non rimescola l’aria; in secondo luogo come già accennato dalla configurazione orografica giusta, ovvero una valle chiusa anche se vasta come la Valpadana, un fattore che ne limita la dispersione. In questa circostanza dunque l’aria calda pilotata dall’anticiclone letteralmente ‘galleggia’ sopra lo strato di aria fredda che viene a crearsi in pianura, creando la condizione di inversione termica: in Pianura Padana nei primi 200-300 metri di altezza l’aria è fredda, mentre a partire dalle quote collinari e in montagna le temperature anziché calare con la quota aumentano».
Nebbia, inquinamento, neve “chimica”
«La sedimentazione dell’aria fredda nei bassi strati», aggiunge Ferraro, «determina inoltre altre due dinamiche: il ristagno di umidità che condensa più facilmente in aria fredda, con la formazione della nebbia, ma anche il ristagno di inquinanti. Le polveri sottili emesse in larga parte dalle attività antropiche infatti per disperdersi verso l’alto devono essere trascinate dalle cosiddette correnti ascensionali, che si creano quando al suolo fa più caldo rispetto in quota e pertanto l’aria calda, più leggera, sale verso l’alto (condizione praticamente sempre verificata in estate). Ma in casi di inversione termica, come abbiamo visto, al suolo fa più freddo che in quota, dunque l’aria si stratifica e gli inquinanti rimangono intrappolati entro il cosiddetto strato inversionale, in genere nei primi 300-400m di quota. Non solo, ma laddove persiste la nebbia e le temperature sono sotto zero si possono avere deboli precipitazioni nevose, non quindi indotte da una perturbazione, ma dalla nebbia stessa. Circostanza che può venire ulteriormente incentivata se vi è presenza di polveri sottili, che fungono da nuclei di condensazione per la formazione del fiocco di neve: in questi casi si ha dunque a che fare con la cosiddetta ‘neve chimica’, che può peraltro imbiancare il suolo con qualche centimetro. E’ quanto accaduto stamattina in diverse località della Pianura Padana tra cui Parmense e Veronese, non a caso aree dove l’aria è particolarmente inquinata in questi giorni».
Bologna più fredda del monte Cimone dove è “estate”
«Come già detto», conclude il meteorologo, «i presupposti per il crearsi dell’inversione termica devono essere l’accumulo e stratificazione di aria fredda nei bassi strati, condizione che viene favorita nelle aree geografiche che ne limitano la dispersione. Dunque in primis la Pianura Padana, dove non a caso riscontriamo anche la maggiore frequenza nebbiosa, ma anche le vallate alpine e appenniniche. Al contrario appena al di sopra delle valli, sui settori costieri ma anche sulle pianure aperte del Centrosud Italia, l’aria fredda è repentinamente sostituita da quella più calda. Dunque in questi giorni riscontriamo temperature basse sostanzialmente sulla Pianura Padana dove resiste la nebbia di giorno (nottetempo anche nelle vallate alpine ed appenniniche), ma per il resto le temperature diurne salgono repentinamente su valori sopra la media, e questo nella maggioranza del territorio italiano. Un esempio emblematico per spiegare la situazione: la mattina del 30 gennaio la minima di Bologna è stata sui -2/-3°C a seconda delle zone mentre sul Monte Cimone, a 2100m, è stata di ben 3°C. Concludendo, il fatto che faccia freddo in alcune aree di pianura può essere fuorviante su una situazione che a livello generale è invece decisamente anomala per il periodo invernale, con la maggior parte del territorio italiano interessato da temperature ben oltre la norma e zeri termici che addirittura sfiorano talvolta i 3500-4000m, come in piena estate».