Rimini, Walter Delogu: “Vi racconto il mio Vincenzo Muccioli, ha salvato tanti giovani dal lato oscuro”

«Il mio Muccioli: così salvava i giovani dal loro lato oscuro». Presenterà il suo libro oggi alle 17 nel vivaio Venturi di via Castellabate 20 a Bellaria Igea Marina, Walter Delogu, ex autista e stretto collaboratore del fondatore di San Patrignano, Vincenzo Muccioli. Nato in provincia di Sassari, il 67enne Delogu vive a Rimini dove nel 2020 ha scritto a quattro mani con l’avvocato Davide Grassi “Il braccio destro”, storia in parte autobiografica e ambientata nella Milano degli anni Settanta, dove il protagonista, Angelo, è un ragazzo inquieto che frequenta cattive compagnie e vive di espedienti finché, coinvolto in giri di droga, finisce sotto l’ala di un boss della malavita. Una carriera criminale interrotta a causa di una partita di droga tagliata male portando Angelo al ricovero in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Scrivere, nota Delogu, ha avuto «un forte valore terapeutico», proprio come per la figlia, la nota attrice e conduttrice Andrea. Con lei condivide l’amore per la natura e gli animali tant’è, dice, «che tutti i cuccioli trovatelli sono i nostri» oltre alla passione per i Led Zeppelin che adorava sin da piccola quando girava per casa con un Karaoke dicendo “papà, questo sarà il mio lavoro”.
Delogu, che ricordo ha di Muccioli?
«Per circa vent’anni e sino al 1994 sono stato il suo autista e braccio destro. Tanti i viaggi per l’Europa, soprattutto in Francia e Germania, alla ricerca dei cani migliori per creare un allevamento a Sanpa nonché di cavalli da destinare alle gare di salto a ostacoli. Un settore dove ha presto conquistato titoli mondiali. Ricordo ancora l’entusiasmo nel confrontare gli esemplari ma soprattutto l’attenzione alle linee di sangue più favorevoli nei purosangue. Era come costruire un puzzle. Vincenzo era ferrato in materia, coltivando da sempre la passione per gli animali. Quando me ne sono andato, c’erano un centinaio di cani e una trentina di cavalli. All’inizio Vincenzo era una figura di riferimento per me, ha salvato tanti ragazzi dal loro lato oscuro portandoli alla rinascita».

Come sta andando il suo libro?
«Molto forte: è stato richiesto anche in Romania e in Canada e il docu reality di Netflix “SanPa- luci e tenebre di San Patrignano” mantiene alto l’interesse».
Una nota positiva di Sanpa?
«L’aiuto reciproco, un valore che non ho mai dimenticato, sia guidando le ambulanze nel mio lavoro al servizio della comunità, sia sostenendo chi desidera uscire dalle dipendenze. Una ventina di giovani in questi anni, a tre ho trovato anche un lavoro. Non mi tiro mai indietro neanche per le conferenze sul contrasto alle droghe nelle scuole. Di recente sono stato accolto nel teatro marchigiano di Fermo da 800 liceali. Il buffo è che attraverso in lungo e largo l’Italia ma, chissà perché, aspetto ancora un invito dagli istituti riminesi. Le soddisfazioni però non mancano: in una scuola nessuno si è volatilizzato neanche per l’intervallo».
Quale insegnamento ha appreso in comunità?
«L’importanza della condivisione: a Sanpa non giravano i soldi quindi se qualcuno donava un abbraccio o qualcos’altro era solo perché ne aveva voglia. Ecco il segreto del successo per il recupero ma anche lo choc iniziale per chi veniva dal mondo del “tutto e subito”. Per le conferenze chiedo solo un piccolo rimborso viaggio, se avanza qualcosa è destinato ai miei ragazzi a partire dalle cure odontoiatriche. Ma non solo. Fonderò un’associazione con un numero telefonico per aiutare altri giovani e le famiglie».