Rimini. “Violenze su mia moglie per anni, così ho chiesto aiuto e mi sono curato”

Rimini

«Maltrattavo mia moglie, ma cambiare vita è possibile».

A ripercorrere a ritroso il suo cambiamento è un 51enne sammarinese che ha voltato pagina dopo l’incontro con “Confine”, l’associazione nata a San Marino nel 2019 che offre supporto ai maltrattanti per aiutarli a spezzare le loro catene interiori.

L’uomo, che preferisce mantenere l’anonimato, spiega che del suo malessere e del suo pressante senso di inadeguatezza incolpava «ingiustamente» la donna che allora era sua moglie mentre con i figli cercava di ricalcare gli insegnamenti di suo padre «impartendo un’educazione severa, rigida e a volte anaffettiva».

Poi la svolta. Da un anno e mezzo si è separato, ha recuperato il rapporto con l’ex e con i figli e continua a lavorare su se stesso.

Che cosa ha fatto scattare i maltrattamenti?

«Nel mio caso i maltrattamenti sono stati una risposta ultima. Una risposta scaturita dall’incapacità di risolvere tutti i miei conflitti interiori, oltre al senso di inadeguatezza e alle pressioni della vita quotidiana e familiare. Nel profondo erano condizionati anche da un insegnamento appreso da mio padre, persona rude e dalla forte personalità. Da qui un continuo malessere interiore che mi faceva vedere la vita “buia e senza via d’uscita” scatenando tanta rabbia».

Come reagiva?

«Nella maggior parte dei casi si trattava di violenza psicologia, diretta o indiretta, ma in alcuni casi gli episodi sono degenerati in violenza fisica. Le lesioni, oltre a quelle psicologiche e emotive, che ora considero altrettanto gravi e profonde, si riassumono in uno schiaffo dato in alcune occasioni».

Per quanto è continuata?

«All’incirca per 4 anni. La situazione tuttavia non aveva un andamento costante, ma si acutizzava nei momenti di maggior stress e depressione per poi alleggerirsi nei periodi in cui vedevo il futuro con più serenità e nei quali cercavo di ricostruire, nel limite del possibile, quanto commesso nei momenti bui».

Perché e quando ha deciso di smettere?

«La decisione di cambiare ma soprattutto di uscire dalla depressione nella quale ero caduto si era già manifestata. Due i motivi: il desiderio e il bisogno di stare bene e quello di non perdere il rapporto con mia moglie, oltre all’amore e al rispetto dei miei figli. Volevo essere un padre migliore, ma quando avevamo iniziato una terapia di coppia è arrivata una segnalazione ai servizi sociali, da parte della scuola, dopo un racconto di sofferenza di mio figlio».

E poi?

«Questo episodio ha cambiato alla radice il mio modo di essere padre. Mi sono sentito sbagliato, sconfitto, inadeguato e mi sono rassegnato. Ho demandato a mia moglie ogni compito genitoriale e ogni decisione, anche se piccola, per paura di sbagliare di nuovo, di danneggiare ancora la mia famiglia o che potessero allontanare i miei figli da me. Anche nei confronti di mia moglie ero diventato passivo e intimorito in ogni ambito».

Il momento di svolta si ricorda quando è stato?

«Ha coinciso con la fine di ogni aggressività verbale o fisica mentre iniziava l’accettazione della mia inadeguatezza e del mio malessere. Dal buio ho ricominciato, o forse ho iniziato, a vivere».

E i servizi sociali?

«Non c’è stato proseguimento ma devo ammettere che la loro attivazione ha accelerato il mio percorso di cambiamento».

Dove ha trovato supporto?

«L’associazione “Confine” mi è stata indicata dai servizi sociali, e lì attraverso un lavoro lungo e pesante di psicoterapia, ma anche tramite iniziative con altri uomini in difficoltà, ho avuto modo di confrontarmi».

Cos’altro è cambiato?

«Ho iniziato a vedere la vita in maniera più luminosa, comprendendo che potevo essere il padre che avrei voluto, seppur con i miei limiti. Grazie all’associazione, ho compreso infine la bellezza e la profondità che c’è nell’abbracciare i propri figli, cosa che prima non mi permettevo di fare se non con ritrosia, sembrandomi “sbagliato” comunicare e condividere affetto».

Nel frattempo la sua relazione è naufragata?

«Ci siamo separati da un anno e mezzo. Vedo i miei figli sereni e questo mi riempie di gioia e lenisce ogni mia tristezza. Il male fatto, anche se si fa di tutto per recuperare, non può essere cancellato. Tra noi, tuttavia, sono rimasti stima e rispetto reciproco oltre all’amore per i nostri figli. Le cicatrici psicologiche profonde ci avevano allontanato come coppia. Il che, lo ammetto, è stata una sconfitta: in passato non avrei mai concepito la separazione, ma poi l’ho vissuta e scelta come strada per darci la possibilità di essere felici, anche se non più “insieme”».

Ha individuato le cause della sua sofferenza?

«Sì, e non è stato un percorso né semplice né veloce. In sostanza mi identificavo nelle mie paure e in quello che avrei dovuto essere o fare a seconda di quello che mi era stato insegnato. Ora però mi sento una persona positiva e fiduciosa. Continuare a lavorare su di me fa parte della mia routine. I miei figli continuano a essere la mia priorità, il mio rapporto con loro è migliorato tanto, l’amore e la comprensione sono al primo posto».

Cerca un nuovo legame?

«Non ho fretta ma, se arriverà un nuovo amore, sono sicuro che non permetterò più alle mie paure o al mio “buio interiore” di condizionarmi».

Si sente di dare un consiglio a chi maltratta le donne, qual è il primo passo?

«Abbiate il coraggio di chiedere aiuto al professionista di una associazione: ammettere le proprie fragilità e i propri errori non è segno di debolezza ma di forza interiore. Non aspettate che sia troppo tardi e che la vita vostra e di chi amate sia rovinata. Si può cambiare e ritrovare la luce e la speranza nel futuro. Oggi».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui