Rimini. Un arsenale di fucili e katane in casa. Assolto, ma il Tar nega il porto d’armi

Rimini
  • 17 ottobre 2024

Un conto è essere assolti in un processo penale per minacce, ben altro è chiedere di rientrare in possesso delle armi, molte delle quali - tra cui spade e katane - mai dichiarate: questo il succo di una vicenda conclusasi nei giorni scorsi al Tar di Bologna e che ha visto protagonista un uomo difeso dagli avvocati Gaia e Marco Brusciotti. La donna con cui l’uomo conviveva - «un’amica» - lo aveva denunciato per presunte minacce aggravate dall’impiego di armi, ma il Tribunale lo aveva assolto «perché il fatto non sussiste» e, forte di tale sentenza, aveva ben pensato di chiedere al Tar di annullare il decreto con cui la Prefettura di Rimini gli ha vietato la detenzione di armi e munizioni, una sua passione da 40 anni. Ma il Tar a sorpresa ha respinto il ricorso: troppe le imprecisioni nelle dichiarazioni dell’uomo circa fucili e proiettili in suo possesso, e troppo difformi da quanto avevano rivelato le perquisizioni nella sua abitazione connesse al procedimento penale in cui era stato trascinato con la denuncia dell’ex convivente.

Inutile addurre di essere stato «sorpreso nel sonno al momento della perquisizione» come giustificazione per spiegare l’omessa custodia di una pistola «abbandonata sul comodino», perché la quantità di armi trovate nell’abitazione sarebbe stata degna di un vero arsenale: la sentenza del Tribunale amministrativo regionale mette infatti in evidenza «la non corretta indicazione del numero delle munizioni», che «non ha riguardato solo le centoventi cartucce calibro 44 magnum» quando invece ne erano state comunicate solo 20, «ma anche quarantaquattro di calibro 6.35». Non solo, perché per i giudici «ancora più grave è la rilevata presenza di una carabina non denunciata», oltre al ritrovamento, in una ulteriore perquisizone, di «spade e katane non denunciate», per il possesso delle quali l’uomo «è stato deferito all’autorità giudiziaria». Insomma, non proprio il massimo «in un’ottica di valutazione complessiva dell’affidabilità del detentore delle armi» e così il Tar, oltre a respingerne il ricorso, ha condannato l’uomo - considerato responsabile di «un’inaccettabile leggerezza nella denuncia, nella custodia e nella conservazione delle armi» - a paghare 3.000 euro di spese legali.

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