Rimini. Uccise un 60enne per un telefonino, condannato a 16 anni di galera

Rimini
  • 15 gennaio 2025

E’ stato condannato alla pena di 16 anni e 2 mesi di reclusione Alioune Badara Mbaye, senegalese di 36 anni, a processo per aver ucciso a calci il connazionale Ndiaye Babacar di 60 anni. La sentenza della Corte d’Assise di Rimini, presieduta dalla giudice Fiorella Casadei, ha stabilito anche l’espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato a pena espiata. Il sostituto procuratore aveva chiesto una condanna a 22 anni di reclusione per quello che era stato derubricato in omicidio preterintenzionale. Il caso, che risale al 24 luglio del 2023, era iniziato infatti come una rapina e un’aggressione tra connazionali africani. Come ha evocato anche il difensore dell’imputato, l’avvocato Massimiliano Orrù, si trattò di un evento maturato in un contesto di degrado tra persone che hanno poco e che quel poco che hanno lo difendono. Vite vissute ai margini dove il valore di un cellulare, quello rubato all’imputato da un connazionale, può essere alle volte maggiore di quello umano. Quel giorno al parco Murri nei pressi della lungomare di Marebello, Ndiaye Babacar era stato aggredito a calci allo stomaco e aveva anche riportato un profondo taglio alla gola.

In escandescenza in aula

Secondo la ricostruzione degli inquirenti il 60enne era stato picchiato a morte dal connazionale nel corso di una rissa tra extracomunitari avvenuta in pieno giorno in un bivacco di fortuna. Il parapiglia era scoppiato attorno alle 13 quando, l’imputato stava riposando nell’area verde e si sarebbe accorto di essere stato derubato nel sonno dello smartphone e dei pochi spiccioli che teneva dentro allo zaino. Avrebbe quindi iniziato a litigare con alcuni connazionali che, come lui, bivaccavano nel parco accusandoli del furto. Qualche settimana dopo, Ndiaye Babacar era deceduto in ospedale a Cesena. Il responsabile di quell’aggressione era stato rintracciato e arrestato e da quel giorno è rimasto agli arresti detenuto a Casetti di Rimini. In aula, poco prima che la Corte d’Assise si ritirasse in camera di consiglio per la sentenza, Alioune Badara Mbaye ha iniziato ad urlare frasi sconnesse. L’imputato seduto nello spazio dedicato ai detenuti in aula, dietro ad un vetro, ha cominciato ad inveire con frasi del tipo «gli italiani sono tutti mafiosi», rivolgendosi verso la Corte. Per poterlo calmare in attesa della sentenza sono dovuti intervenire i militari e la polizia penitenziaria.

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