Rimini. Tempi biblici per la giustizia civile, i contenziosi si chiudono in 406 giorni

Rimini

Il Tribunale di Rimini è il 19° più lento in Italia per quanto riguarda la giustizia civile: a dirlo è il Sole 24 Ore che, passando in rassegna i dati ministeriali relativi al 2023, ha stilato una classifica del tempo impiegato per arrivare a conclusione dei procedimenti contenziosi. Il risultato è che a Rimini occorre più di un anno, per la precisione una media di 406 giorni: significa che alla fine dell’anno scorso i tempi si erano allungati nella misura del 13,6% rispetto al 2019.

Gli obiettivi Pnrr

Un problema, specialmente se si rivolge lo sguardo agli obiettivi del Pnrr che puntano a velocizzare attese bibliche. In particolare, nell’ambito civile il Piano nazionale di ripresa e resilienza punta a ridurre del 40% il tempo prevedibile di durata dei contenziosi entro il 30 giugno 2026: ci sono due anni di tempo ma, se la situazione dovesse restare quella fotografata ieri da Sole, non è difficile prevedere che Rimini avrà qualche difficoltà a rientrare nei parametri Pnrr. Questi ultimi, fra l’altro, imporrebbero di sveltire anche lo smaltimento degli arretrati più risalenti nel tempo, secondo una tabella di marcia che è stata ricalibrata nel 2023: entro il 31 dicembre di quest’anno si dovrà arrivare al taglio del 95% dei procedimenti pendenti al 31 dicembre 2019 (e iscritti fino al 31 dicembre 2016), mentre prima del 30 giugno 2026 dovranno essere ridotti del 90% i contenzosi in corso al 31 dicembre 2022 (e iscritti a partire dall’1 gennaio 2017).

Gli anelli della catena

Un rebus non così semplice da risolvere, se si considera anche la mole di fascicoli che finiscono a ingolfare le scrivanie della sezione penale, in tribunali che per giunta si trovano spesso a fare i conti con la carenza di organico. Le questioni, in effetti, sono unite fra loro come anelli di una catena e il palazzo di giustizia del capoluogo ne è un esempio, come spiega Roberto Brancaleoni, presidente provinciale dell’Ordine degli avvocati: «Per quanto riguarda Rimini - dice - si è verificata negli anni passati una gravissima scopertura di organici (sia di magistrati che nelle cancellerie) che, unita al carico straordinario che Rimini ha nel settore penale, aveva portato ad accumulare un numero di pendenze ingestibile soprattutto nei processi penali di competenza collegiale, quelli di maggior gravità. Questo ha comportato la necessità assoluta di dedicare più risorse possibili per contrastare tale arretrato e l’effetto della “coperta corta” è ricaduto per alcuni anni sul settore civile». Questa la lettura del legale, che adesso spera in uno cambio di rotta: «Ora che gli organici sono stati implementati, si auspica un accorciamento dei tempi anche nel settore civile - sottolinea - dove peraltro registriamo grandissime differenze di tempistiche tra diversi giudici».

Precarietà e qualità

Il nodo della questione, però, non è da individuare esclusivamente nella congiuntura tra il numero elevato di procedimenti e le poche persone che possono occuparsene: «L'ufficio del processo è uno strumento potenzialmente valido, se utilizzato correttamente - precisa Brancaleoni - ma non si può non considerare che moltissimi funzionari, dopo poco tempo dall'assunzione in tale ufficio di natura precaria, lo hanno lasciato appena vinto un concorso per un posto che garantiva stabilità e migliori condizioni economiche». Insomma, sono tanti i fattori che concorrono a rallentare la giustizia, ma il presidente degli avvocati riminesi, pur riconoscendo un «gravissimo problema», non manca di mettere in guardia dall’idolo della celerità a tutti i costi: «I tempi di una decisione sono importanti, ma più importanti restano la loro qualità e il rispetto delle prerogative delle parti, che non devono mai essere sacrificate nel nome del risparmio di tempo».

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