Rimini, teatro Novelli, cultura in campo: “Chiuso da anni, è ora di recuperarlo”

Un contenitore culturale di alto livello. A Marina centro, a due passi dal lungomare, davanti al felliniano Grand hotel. È il teatro Novelli, memoria storica cittadina, con un passato autorevole, quando, ai tempi del centro “Pio Manzù”, sul palco salivano politici del calibro di Gorbaciov, Kissinger, Napolitano, di lady Diana, e della regina di Giordania, Rania, fino a Graca Mandela, moglie di Nelson Mandela, e Rita Levi-Montalcini. Ma anche artisti come Pavarotti e Lucio Dalla, solo per citarne alcuni. E attrici del livello di Sharon Stone. Impensabile, quindi, immaginarlo così com’è oggi: decadente, abbandonato, rifugio per senzatetto e balordi. E, soprattutto, inimmaginabile ipotizzare un nuovo progetto a fini immobiliari con tanto di demolizione della struttura, come accaduto in passato, né tanto meno una sua trasformazione a silos-parking. Non sarebbe compreso dalla città, in particolare dagli operatori culturali riminesi. E diventerebbe materia di bagarre politica, come lasciato intendere dal consigliere di Fratelli d’Italia, Carlo Rufo Spina, qualche giorno fa sul “Corriere Romagna”: «Una cosa del genere indignerebbe la popolazione e ci vedrebbe in prima fila nel fermarla».
“Teatro di serie A”
Sottolinea, allora, Fabio Biondi, direttore artistico del teatro Dimora-L’Arboreto, a Mondaino: «Ho guidato il Novelli dal 1989 al 1992, per cui nutro un forte attaccamento per quel teatro. E come tutti i riminesi non vorrei mai vederlo sparire. Anzi, auspico che venga riqualificato e rilanciato come contenitore culturale e teatrale. E che gli venga restituita l’autorevolezza di un tempo, quell’autorevolezza che gli permetteva di dialogare col sistema teatrale italiano, oltre che col gotha della politica mondiale».
Insomma, un punto di riferimento, a riconoscimento di quel ruolo guida che per decenni ha avuto per la Rimini della cultura. «Certo - conferma Biondi -. Quando era chiuso il Galli, il Novelli fungeva da bussola culturale. E questo ruolo dovrebbe essergli riconosciuto. Ma non come un teatro di serie b, destinato a vivere all’ombra del Massimo, ma come un teatro immerso nel contemporaneo, un laboratorio, un luogo di sperimentazione, aperto anche alle compagnie locali. Uno spazio che si differenzi, per contenuto, dal Galli, teatro prettamente di prosa, e che possa sconfinare verso altri spunti artistici, più innovativi, fatti di performance, di poesia. Un contenitore che pensi alla propria comunità, ma con sentimento europeo. Insomma, un teatro che rappresenti lo spirito stesso di Rimini: accogliente e aperto al “nuovo”. In un’ottica, peraltro, di Capitale italiana della Cultura».
“Più teatri e meglio di uno”
Ed è un coro unanime quello che sale dagli ambienti culturali cittadini, dopo una chiusura forzata, lunga cinque anni. Osserva Daniela Nicolò, direttrice artistica, insieme a Enrico Casagrande, della compagnia teatrale Motus, ora ad Amburgo per uno spettacolo: «Di teatri c’è sempre bisogno. Più spazi culturali ci sono in una città e meglio è. Il Novelli è chiuso da anni ed è davvero un peccato. In una città come Rimini, che necessita fortemente di spazi per laboratori, per farci sperimentazione, per farci ricerca. Luoghi dove le compagnie locali possano esprimere la propria arte. Oltre al Galli, infatti, non c’è altro. Certo, c’è il teatro degli Atti, nel complesso degli Agostiniani, ma è sempre occupato da mille iniziative. Cosa di meglio allora del Novelli? Ci vogliono i soldi, è chiaro, ma se c’è la volontà, i fondi si trovano. Di finanziamenti europei dai quali attingere ce ne sono tanti».
E il teatro Novelli, questo non va dimenticato, è lì, a far bella mostra di sé, dal secolo scorso. Dal 1930, quando, dopo la demolizione, nel 1925, del vecchio e fatiscente “teatro di marina”, inizialmente chiamato Arena al Lido, allestito, nel 1895, come struttura estiva lignea rimovibile, tra il lungomare e il porto canale, si pensò di costruire una sala moderna, funzionale ai nuovi spettacoli teatrali, in stile art déco. Poi ridisegnato nel 1970, attraverso una sorta di incapsulamento dentro un cubo di cemento, è ora lì ad attendere il suo destino, tra crepe ai muri e pareti in fase di sgretolamento.
Il tutto, poi, a Marina centro e per di più a due passi dal Grand hotel, esempio di architettura liberty che, da piazzale Fellini, domina Marina centro. «E proprio quell’area, di grande pregio turistico per Rimini - chiosa Nicolò -, lo rende ancora più interessante come spazio culturale».