Rimini. Okay le donazioni del sangue, ma l’Avis lancia un appello: “Carenti di plasma, lo prendiamo dall’estero”

Donazioni del sangue, la Romagna non tende la mano ma il braccio dimostrandosi autosufficiente, ma è ancora caccia al plasma. A tracciare un bilancio dall’Avis (associazione volontari italiani sangue), in vista dell’assemblea provinciale di Bilancio in agenda oggi, è Pietro Pazzaglini, presidente provinciale Rimini da 4 anni. «L’Avis – premette - rientra in un sistema avanzato e efficiente che è scandito da raccolte su prenotazioni». Ogni settimana il centro regionale pianifica il lavoro precisando quali gruppi sanguigni raccogliere e in quale quantità. In base alle richieste vengono poi contattati i donatori. Una soluzione, prosegue Pazzaglini, che evita sprechi e forzature inutili oliando gli ingranaggi di un sistema, che seppur complesso, funziona in scioltezza. Vento in poppa, dunque, dopo che la fine della pandemia ha sancito come routinaria questa pratica. Inalterato invece l’obiettivo del sistema della Romagna, che resta garantire l’autosufficienza rispetto ai bisogni. Un traguardo raggiunto in questo scorcio di 2024, come chiarisce ancora il presidente, grazie alla rete composta da undici sezioni comunali disseminate su tutta la provincia e duecento volontari che, assieme al personale Avis, gestiscono quest’enorme mole di domande e la dosano in relazione al fabbisogno.
Prossimo obiettivo
Morale? Non solo la Romagna è autosufficiente ma dona sangue anche fuori Regione, ad esempio in Sardegna. Il che non consente però di stilare una classifica delle città più virtuose. «Ci sono settimane in cui un Comune risponde con più generosità rispetto ad altri – concede Pazzaglini – ma poi si rovesciano le cifre». Intanto resta un’altra meta da raggiungere. «Occorre aumentare la raccolta del plasma, un ambito in cui siamo così carenti da ricorrere alle importazioni dall’estero». Quanto alla ripartizione tra uomini e donne dei duecento donatori risulta equilibrata, con una differenza nelle regole: una donna può donare in media due volte l’anno, mentre l’uomo fino a quattro. Rispetto invece all’età si inizia una volta raggiunti i 18 anni, proseguendo sino ai 65, salvo particolari patologie o controindicazioni ma, al netto dei numeri, quel che preme ricordare a Pazzaglini è l’importanza di un gesto salvavita, come massima espressione della solidarietà, perciò chiama a raccolta altri, ricordando che ogni donatore ha diritto a un check up gratuito una volta all’anno.