Rimini. Matrimoni, il don: “Ma quale crisi, ne ho celebrati 11 solo nel 2024”
Matrimoni in crisi? C’è chi dice no. Come don Danilo Manduchi, parroco di San Martino in Riparotta, che annuncia persino una celebrazione in arrivo dalla Cina. «Un ragazzo cresciuto qui, si è poi trasferito per lavoro dieci anni fa. Ora torna in città per sposarsi con rito religioso. E ha scelto me». Non si lamenta neanche don Aldo Amati, che da 16 anni gestisce la chiesa di San Gaudenzo. «Celebro molti matrimoni, ovviamente non tutti nella mia parrocchia - precisa -. Non posso dire di aver notato un calo significativo».
I dati
Testimonianze, quelle dei due sacerdoti, che stridono con i numeri resi noti dal Comune di Rimini. I dati relativi al primo semestre 2024 mostrano una flessione, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, sia del rito religioso sia di quello civile. Nello specifico, i matrimoni religiosi sono passati da 61 a 54, mentre quelli civili da 131 a 122. Le percentuali fanno ancora più scalpore se si considera l’ultimo decennio. Mentre i riti civili sono aumentati del 20% (dal 50,78% del 2014 al 69,32% attuale), quelli religiosi sono calati del 20% (dal 49,22% al 30,68%). Anche se non tutti i parroci del territorio sono d’accordo con le statistiche.
«Nel 2024 ho già celebrato undici matrimoni - spiega don Manduchi - e addirittura effettuiamo un corso prematrimoniale a numero chiuso. Quest’anno siamo arrivati a 14 coppie, l’anno scorso mi fermavo a 10». La “ricetta”, spiega il parroco di San Martino in Riparotta, ha come ingrediente principale il lavoro costate portato avanti con i giovani. «La mia parrocchia ne conta tanti - prosegue -. Se si tengono uniti e si continua a dialogare con loro, la relazione umana permane. Relazione unita alla stima e questo fa sì che i giovani, quando si tratta di scelte fondamentali della vita, mi chiamino. Alcuni arrivano addirittura a spostarsi per convolare a nozze nella mia parrocchia». E sulla flessione del rito religioso, don Danilo ha un’idea precisa: «Ora vige una cultura del provvisorio. Il matrimonio in chiesa, invece, parte da un punto fermo: un amore umanamente maturo, caratterizzato da fedeltà e indissolubilità».
Don Aldo Amati, che tra la parrocchia di San Gaudenzo e svariate altre, celebra circa una ventina di nozze all’anno, si allinea alle posizioni del “collega”. «Il calo, nel corso degli anni, c’è stato. Ma non sono numeri rilevanti - spiega -. Ai corsi prematrimoniali, anzi, conosco coppie che cercano il “di più” dalla realtà sacramentale». Il sacerdote di San Gaudenzo rileva però sostanziali differenze rispetto al passato: «I promessi sposi oggi sono più adulti, magari hanno già dei figli, e sono molto più motivati».
Le testimonianze
Ben diverso, invece, l’orizzonte di don Giancarlo Rossi, parroco della Madonna del Carmine (Torre Pedrera): «Sono qui da 50 anni. Quest’anno, sinora, ho celebrato zero matrimoni nella mia chiesa e tre fuori parrocchia. Nel 2023 zero matrimoni. Se prendo i numeri di dieci anni fa cambiano di poco: due nel 2014 e tre nel 2015». Per don Giancarlo oggi la vera causa della contrazione dei riti è l’amore “libero”: «Manca la volontà di legarsi ed impegnarsi. E manca anche la fede. C’è una comunicazione molto pagana, votata al divertimento. Tutto il resto conta poco. Il confronto con 50 anni fa? Avevo almeno 12 matrimoni all’anno».
Gli fa eco don Giuseppe Scarpellini, parroco di Santa Giustina,. «Quest’anno ho tre matrimoni, ma era da tanto che non capitava - racconta -, mentre vent’anni fa la media era di una decina all’anno. Bisogna però tener conto del fatto che la parrocchia è invecchiata. Non ci sono nascite e, quindi, sempre meno giovani che si sposano». Come riuscire a tenere unite le persone sotto il segno della fede? «Facendo quello che ho sempre fatto: campeggi, incontri, catechismo - replica il sacerdote -. Il timore del “per sempre”, però, rimane. Ed è dovuto ai divorzi, sempre più frequenti, ma anche a cause economiche e sociali. Sta di fatto che a sposarsi non vengono più».