Rimini. La vicesindaca Bellini: “Educazione sessuale e all’affettività dalle elementari, basta con i tabù”

Rimini

Educazione sessuale e all’affettività a scuola, «basta tabù alle elementari».

A sostenere questa posizione è Chiara Bellini, vicesindaca di Rimini con delega alle Politiche per l’educazione.

Un’affermazione, la sua, che segue alla bagarre scoppiata sul tema nell’ultimo Consiglio comunale con un ordine del giorno a firma della maggioranza a, poi approvato con 17 “sì” (centrosinistra) e 9 voti contrari (centrodestra), per inserire l’educazione all’affettività e sessuale nelle scuole medie e superiori del territorio.

Vicesindaca Bellini, reputa sbagliato iniziare prima possibile, e quindi sin dalla scuola primaria, l’educazione all’affettività e sessuale?

«Assolutamente no, fermo restando che tutto va commisurato all’età dei bambini, proprio come avviene per qualunque altra materia. Ecco perché alla scuola primaria non si parlerà di contraccezione, mentre resterà importante insegnare il funzionamento del nostro corpo e ad avere maggiore familiarità con l’anatomia umana, senza inutili pudori e mettendo al bando espressioni come “patatina” al posto di vagina. Espressioni come questa generano l’idea di un tabù».

L’educazione sessuale e all’affettività ha anche una funzione di prevenzione nei confronti di abusi e violenza?

«È essenziale toccare temi come il consenso, l’educazione all’intimità, la scoperta dell’altro e il diritto alla salute. Senza dimenticare l’educazione ad una relazione non invadente ma rispettosa degli altri, che può partire sin dalla prima infanzia, per evitare successivi episodi di bullismo che talvolta, nelle situazioni più gravi, possono condurre le vittime al suicidio. Non si tratta di incoraggiare a una mera pratica sessuale, lo sottolineo, ma di supportare i ragazzi anche nei loro dubbi».

Social e internet, su questo versante, costituiscono un pericolo?

«Che i ragazzi scoprano questi argomenti, e spesso in modo errato, dal web è l’ipotesi peggiore, considerando che i rapporti sessuali sono sempre più precoci.

Non basta il dialogo fra genitori e figli?

«Di questi temi non sempre si parla in famiglia, vuoi perché non sempre ci sono nuclei familiari, vuoi perché non sempre i ragazzi se la sentono di parlarne in casa. Ecco perché è bene che scenda in campo la scuola affidando progetti a un team di esperti pronti a lavorare in sinergia ma dotati di competenze diverse. Detto questo, c’è un altro problema da considerare».

Quale?

«Negli ultimi anni sono aumentati i casi di malattie veneree e, oltretutto, bisogna mantenere alta la guardia contro l’HIV. Non dobbiamo, dunque, aver paura di parlare con i giovani ma essere adulti in grado di affrontare questi discorsi. A Rimini ci sono tantissime scuole, dalle medie in poi, che lavorano a progetti sull’educazione all’affettività e sessuale commisurati ai discenti con percorsi ben strutturati che, tra l’altro, mi hanno colpita anche per la gestione, viste le collaborazioni con Ausl e consultorio a fronte di finanziamenti regionali. Nessuna improvvisazione, dunque, ma linee guida precise ponderate in base alla scuola, all’età e ai bisogni. Ogni progettazione è legata, infine, a altre affini, legate a tematiche come bullismo o cyberbullismo, in sinergia con psicologi e forze dell’ordine. Fornire le risposte, seppur giocoforza non esaurienti, è nostro dovere».

Alcuni sostengono che la scuola debba solo insegnare determinare discipline senza tracimare in altri settori. Cosa ne pensa?

«La scuola è il luogo dell’istruzione ma il suo ruolo va oltre. Nessun docente può sostituirsi a uno psicologo, è vero, ma può comunque fornire importanti strumenti di vario genere indicando all’allievo realtà del territorio o dell’istituto stesso, come ad esempio lo psicologo della scuola. A coronamento si prevede la formazione di insegnanti e dirigenti senza limitarsi a cassetti stagni ma mettendo in gioco differenti sinergie e declinando progetti grazie a collaborazioni su più ambiti».

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